
Tra i mondi de “La città dei gatti”
Ha senso un’adolescenza priva di rischi? Esistono ragazzi e ragazze, che non hanno voglia di esplorare ciò che non conoscono? Se ponessi questa domanda alla scrittrice e illustratrice Illary Casasanta, riceverei un no secco. La conferma arriva sin dalle battute iniziali de La Città dei gatti, la sua opera prima, dove sin da subito ho avuto modo di scoprire che il suo no trova giustificazione nelle avventure di Carlo e Rica, i due protagonisti.

La ragazza più veloce del mondo
La vita è imprevedibile:in un giorno qualunque potremmo trovarci a Clarksville, Tennessee. Potremmo imboccare il trafficato Wilma Rudolph Boulevard diretti verso il più vicino Walmart, magari per respirare un po’ di consumismo a stelle e strisce. Terminati gli acquisti e voltando le spalle al boulevard, però, il nome di Wilma Rudolph non scompare. Approssimandosi al Liberty Park, in quel contesto verde circondato da alberi e in una cornice che sa di libertà, si trova un centro eventi intitolato a suo nome.

Storia di un amante di libri
Il 1933 per molti è un anno remoto, se non addirittura anonimo. Ma se consideriamo che nel 1933 fu eletto Adolf Hitler, e se consideriamo l’enorme influenza che la legittimazione di quell’ascesa ha avuto sulle vite di miliardi di persone, in molti ritratterebbero e direbbero che il 1933 non è un anno lontano. E nemmeno, un anno qualsiasi.

C’era una volta Roma
Sergio ed Ennio sono due amici che si sono dati appuntamento in una piazza deserta. Si incontrano per la prima volta dopo anni, ma non possono bere un caffè, perché i bar sono chiusi. Non possono bere un bicchiere di vino – uno de li Castelli, senza dubbio – perché le osterie hanno abbassato le serrande da un pezzo. Non possono far altro, se non incamminarsi – ciascuno per proprio conto – in quella piazza deserta che appare ancora più immensa.

Thank you, Florence
Boris Johnson alla fine ha scrollato la sua chioma bionda e cambiato idea. Niente immunità di gregge, immediato lockdown con chiusura di attività non necessarie. Un concetto che comprendiamo, divenuto così cinicamente famigliare per noi italici – già, gli stessi accusati di voler fare la siesta – precursori nella lotta al Covid 19. Il coronavirus è arrivato, oltremanica. Sbarcato chissà dove, ma poco importa, visto che i numeri ci dicono che scalpita anche lì, pronto a sgranchirsi e distendersi dalle spiagge di Brighton e Dover fino alle cime dei monti scozzesi.

L’ora più buia
Churchill lo sapeva benissimo e – lo proclamava – altrettanto bene: senza vittoria non c’è sopravvivenza. Parole chiare – le sue – parole che dovrebbero essere comprensibili anche a moltissimi di noi, venuti al mondo dopo quel maggio del 1940, l’anno più difficile per la storia della Gran Bretagna. Era una Primavera di 80 anni fa e dell’isola che aveva dominato sull’ impero più vasto mai visto, tutto ad un tratto era rimasta l’ombra di un paese lasciato solo.

Norma e Mafalda
Cuori senza frontiere è un film girato in un angolo d’Italia. E’ il 1949 ed è la stagione del neorealismo. C’è stata la guerra e la pace è fragile. A dimostrarlo ci sono fantasmi, ma anche i vincitori e gli sconfitti. Volti di uomini e donne che, in un paesino del Carso – dove il film

Tutta la vita in un barattolo
Wonder Woman ci è descritta come una principessa amazzone, la guerriera figlia di Zeus e Ippolita. Secondo fonti autorevoli avrebbe 5000 anni, ma la sua tenacia non si è persa nei secoli, così come il suo desiderio di combattere Ares – che poi dovrebbe essere suo fratello – responsabile delle guerre e di tutti i mali del mondo.

Tra il buio e l’altalena rosa
E’ estate piena quando nel muro che divide Usa e Messico compaiono tre altalene. Sono rosa, rosa come le penne di un fenicottero vero, come uno di quei fenicotteri salvagente che popolano le acque del Mediterraneo nella stagione più calda. Le hanno concepite e realizzate l’architetto Ronald Rael e la designer Virginia San Fratello, entrambi californiani, entrambi nati nella parte fortunata di un mondo diviso a metà.

L’incredibile Bode
The winner takes it all, the loser has to fall. Nel cantarla Agneta Fältskog, la cantante bionda degli Abba, sembra non concedere replica a chi volesse sostenere il contrario. Nel video di quella celeberrima canzone, la front leader della band svedese guarda dritto davanti a sé, sguardo malinconico come tradizione scandinava impone.