Tra i mondi de “La città dei gatti”

Ha senso un’adolescenza priva di rischi? Esistono ragazzi e ragazze, che non hanno voglia di esplorare ciò che non conoscono? Se ponessi questa domanda alla scrittrice e illustratrice Illary Casasanta, riceverei un no secco. La conferma arriva sin dalle battute iniziali de La Città dei gatti, la sua opera prima, dove sin da subito ho avuto modo di scoprire che il suo no trova giustificazione nelle avventure di Carlo e Rica, i due protagonisti.

Carlo e Rica non sono due adolescenti come tanti altri ed è una benedizione rendersene conto. D’altronde prendere immediatamente le distanze dagli stereotipi che accomunano e sintetizzano l’universo dei teenager di oggi è ciò che giova realmente a questo romanzo che, forse più di ogni altra cosa, ha una missione: dimostrare che nella vita si stabiliscono connessioni imprevedibili e del tutto inspiegabili – sia chiaro, solo in apparenza.

La città dei Gatti è un mondo capovolto, cui si giunge attraversando l’immancabile specchio: eppure, questo mondo rende giustizia ai due protagonisti, dimostrando che anche al di là, il loro legame è davvero forte. Oltre alle singole personalità – Carlo è sensibile, riflessivo e maturo, Rica è diretta, meticolosa e straordinariamente determinata – c’è infatti qualcosa di più profondo che va capito. Quel qualcosa è la ricerca l’uno dell’altra, sentimento del tutto inaspettato per due ragazzi che frequentano il biennio di un liceo di provincia e che si preoccupano ancora delle verifiche di letteratura e matematica.

Eppure, il continuo cercarsi e ritrovarsi scandisce le loro giornate. Rica De Mattei ha, infatti, già chiara la sua missione: quella di aiutare Carlo Balzi, vittima di un incubo che lo sta consumando lentamente.

Quell’ incubo ci viene presentato sotto le spoglie di un roditore che cresce, consuma – pardon “rosicchia” – la sua esistenza pian piano, in cerca di quel varco che gli permetta di arrivare al mondo reale e distruggerlo per sempre.

Carlo sarebbe lasciato solo, senza la compagna di classe che lo conquista a prima vista. Il padre Lorenzo è – volutamente, inconsapevolmente?- la figura più evanescente tra tutte quelle che popolano queste pagine. Addirittura più trasparente della madre del ragazzo, rinchiusa da anni in una casa di cura a causa dei problemi mentali che l’affliggono.

L’aiuto di Rica è – come si scoprirà in seguito – legato a un sentimento ancora più profondo, vincolato ad un segreto di famiglia difficile da gestire e digerire, anche per gli adulti. Se da un lato Carlo Balzi è il ragazzo senza genitori, capace di cucinare al padre piatti deliziosi perché non ha scelta ( e perché la cena è l’unico momento per stare insieme ), Rica ha alle spalle una famiglia, dove prevalgono “teste rosse” come la sua, donne straordinarie dotate di poteri, che si rivelano in concomitanza di “Consulte” o “Condivisioni”,  modo originale per definire le riunioni nel maniero di famiglia a cinque stelle.

Appuntamenti conditi da formule e rituali, specchi sul soffitto e talismani che si rinnovano. Atipici/benevoli sabba del ventunesimo secolo, dove nuove streghe arrivano a bordo di un SUV, in treno o in aereo, a conferma che la famiglia De Mattei non sembra davvero conoscere limiti e confini.

Proprio in occasione dell’ultimo raduno, il più importante, il lettore verrà condotto e aiutato a scardinare davvero “l’ultima porta”, quella che custodisce il segreto del destino e del futuro di Carlo, di Rica, nonché dei Balzi e dei De Mattei.

Prima però bisogna prendere confidenza con Carlo e Rica, custodi di segreti inconfessabili, ma capaci di consolidare la loro conoscenza e darle un sapore diverso, indubbiamente vero perché ricco di contrasti che animano la loro vita quotidiana tra un giro in bici e un torneo di calcio. Sapori difficili da distinguere, mentre è impossibile intuire il profumo degli unguenti magici e protettivi spalmati sulla pelle di Carlo nelle situazioni di pericolo.

I sensi si sprigionano come le tinte fantasy del libro, che trovano spazio grazie ai braccialetti che Rica regala a Carlo. Ma essi trovano anche voce e giustizia nelle rune che si accendono e si colorano a seconda degli umori del ragazzo. A dimostrazione che esistono infinite sfumature e nessuno può confermarlo meglio di una illustratrice e disegnatrice di professione.

Illary Casasanta si affida giustamente alle tonalità che richiamano un mondo diverso da quello reale: in ogni fantasy le tonalità espresse o sottintese abbondano. Non ci si accontenta di un bianco e di un nero, di sfumature di grigio. Il verde degenera nel verdastro,  nel verdognolo e in più di un’occasione: Bene e Male non si rincorrono secondo una logica, i colori non possono essere definiti rapidamente e superficialmente.

Ancor di più quando i mondi sono più di uno. La città dei Gatti non propone esclusivamente il confronto tra un mondo reale ed onirico, perché esistono anche il mondo dei coraggiosi e dei non coraggiosi, dei generosi e degli egoisti, dei ciechi e dei lungimiranti. Il mondo che procede secondo i piani e che viene all’improvviso deturpato, ribaltato. Dove i topi inondano una valle precedentemente popolata da gatti.

Forse seguiamo davvero una traiettoria circolare, perché  la geometria tra queste pagine ha un peso specifico al di là di sabba o rituali: lo si evince da dettagli legati alla vita quotidiana, da situazioni che si ripropongono e che non vanno mai sottovalutate.

Come quando Rica, in cucina con la nonna Antonia, nota che quest’ultima, tagliando le patate a mezzaluna, le dispone fino a formare “un cerchio perfetto che ricorda figure geometriche di un caleidoscopio”.

La cucina – non a caso il cuore di una casa – sembra essere il regno della nonna Antonia. Ma sia al di qua, che al di là della soglia della sua abitazione  – monito ai lettori più disattenti – la coriacea Antonia è l’esempio da tenere a mente. Sia per la sua discendenza di terza o quarta generazione, sia per chiunque si imbatta in lei dal vivo o per come viene raccontata.

Antonia è la prima ad affiancare Carlo e Rica nel loro incredibile viaggio, la prima tra tante guide, la prima che si interpone tra i due. Il loro è solo uno dei tanti “triangoli” nel libro, il primo che merita menzione. L’altro, quello che più degli altri deliziosamente sfugge a qualsiasi definizione matematica, resta quello formato da Rica, Carlo e Matteo Portici. Matteo incarna il ragazzo spavaldo, al principio incompatibile con Rica “perché non ricorda i sogni all’alba”, l’adolescente ideale sul quale accanirsi con mille pregiudizi.

Eppure Matteo  – sinceramente – resta l’espressione più autentica della generosità, della devozione verso l’amico Carlo quando scopre che quest’ultimo è in pericolo. Matteo Portici è l’amico che speri di incontrare, che ricordi di aver avuto – o rimpiangi di non aver mai avuto – in anni così spensierati e decisivi. Quelli della vera gioventù.

Si parlava di connessioni: all’interno del romanzo l’amicizia è uno dei due collanti capaci di unire i lettori di tutte le generazioni. L’altro è il sottile confine tra sogno ed Incubo, percorso e percorribile da chiunque, a prescindere dall’età, dagli studi fatti, dal punto di origine o dal punto di arrivo in questo mondo.

Siamo tutti – in fondo –  simili a un ragazzino chiamato Carlo Balzi: chi di noi non ha mai avuto un incubo in grado di perseguitarlo, magari anche di giorno?

( Immagini di esclusiva proprietà dell’autrice. Tutti i diritti riservati )

More info :. La città dei Gatti di Illary Casasanta
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