Nella tana di Antonio Russo

Alice è scappata dal mondo reale e dal suo destino inseguendo Bianconiglio. Per il momento il mio pomeriggio è molto più sobrio: io sono qui, alle porte di un capannone di oltre trecento metri quadri a pochi chilometri dal centro di Lanciano. Nessun mondo fatato o immaginato: potrei visitare quest’angolo di campagna in qualsiasi momento proprio perché è terra che dà lavoro.

Qui Antonio Russo ha potuto cominciare un percorso tutto suo, che lo vede titolare di un allevamento cunicolo dall’8 marzo 2013. Oggi vende conigli a privati e soprattutto ai venditori specializzati.

I conigli ci sono, indubbiamente. Ma io non li vedo e non li sento nemmeno; dovrebbero spuntare fuori e saltare, ma non sono nel mondo delle meraviglie e giustamente il mio interlocutore mi indica il vetro di una porta: un gesto pragmatico, che traduce in poche e semplici parole quello che lui è e sta per raccontarmi.

La sua è la storia di un ragazzo laureato in una branca di medicina veterinaria, ma che ben presto fa i conti con la scarsa offerta lavorativa – e non con il mondo di Alice – che ci circonda: non conta il titolo di studio, perché questa è una realtà condivisa con schiere di coetanei volenterosi e qualificati, piegati spesso da un presente cinico e ingiusto.

Ma a soccorrerlo è proprio il suo passato: sono quei giorni passati accanto a nonno Pietro, coltivatore e allevatore. Già, a differenza di Alice, Antonio non ha bisogno di scappare dal suo destino. Gli anni d’infanzia rappresentano la chiave di lettura del futuro: con un investimento iniziale di diecimila euro acquista e sistema con le proprie mani i primi strumenti per accogliere qui i suoi conigli.

La porta si chiude alle mie spalle. L’odore è forte, disorienta, è capace di confondermi nonostante la luce che filtra: ecco che gli occhi cadono in basso mentre il mio ospite è già vigile e operativo. Indossa il camice bianco e si scusa per il letame che sprigiona un’essenza alla quale, mi assicura, mi abituerò subito.

( Reportage fotografico a cura di Giancarlo Bomba  Tutti i diritti riservati )

Premetto che ha ragione.

Tuttavia per una volta il letame accumulato – forse perché si tratta di letame vero – è figlio della burocrazia buona e giusta, frutto di quelle norme a tutela ambientale che regolano lo smaltimento dei rifiuti organici.

“Si è tenuti a smaltirlo due volte l’anno, perché contiene parecchio azoto e c’è bisogno di aspettare prima che si asciughi. Rimuoverlo è un lavoro meccanico, ma duro, che richiede l’impiego di due trattori. Ecco perché l’aiuto di mio padre è necessario, anche per una mansione poco piacevole”

Tutto in famiglia. Che io guardi in basso o in alto, o ascolti il rumore delle ventole che si azionano ad intervalli regolari, capisco che tutto è cominciato quando loro, i suoi genitori, lo appoggiano in una scelta coraggiosa. Coraggio chiama rischio, che è sinonimo di investimenti: quarantamila euro a fondo perduto che regalano a un giovane trentenne il sogno di un nuovo inizio.

Da quel momento la vita pratica restituisce però l’immagine di un mondo reale. Antonio si rivolge ai mangimifici per avere delucidazioni su tutto quello che c’è da sapere. Incontra rappresentanti di altre regioni, si documenta ovunque prima di procedere con il primo insediamento due anni fa.

(Reportage fotografico a cura di Giancarlo Bomba. Tutti i diritti riservati)

Ora ci sono tanti, tantissimi conigli. Bianchi e neri, con il colore che scopro dipendere dal pigmento dell’esemplare maschio. Non saprei calcolare il numero esatto, forse perché a torto e frettolosamente giungo alla conclusione che sono tutti uguali.

Ho torto: trecentosessanta sono le fattrici destinate a procreare. Poi ci sono i conigli svezzati, gli esemplari maschi e i conigli ad ingrasso.

“Quindici maschi garantiscono l’inseminazione di tutte le fattrici. Normalmente procedo dividendole in due gruppi distinti, 180 ciascuno, quindi ad intervalli regolari di ventuno o ventotto giorni a seconda della stagione. ”

Vita genera vita. Antonio si occupa dell’inseminazione in ogni sua fase. La palpazione delle potenziali fattrici rivela se è giunto o meno il tempo della gestazione, trentuno giorni che non sembrano affatto interminabili, soprattutto per la mole di lavoro che comportano.

“Tre giorni prima inizia la preparazione dei nidi. E’ un momento delicato, nel quale occorre prevedere tutto scrupolosamente e non escludere nulla. Quando arriva il momento del parto è fondamentale non essere impreparati.”

Qui consapevolezza e competenza sono sinonimi anche di pulizia della placenta, controlli serrati, vaccinazioni delle fattrici ogni sei mesi su indicazioni ben precise.

“Giustamente – ribadisce convinto – per prevenire malattie come la mixomatosi e la Mev”: un secondo dopo scopro che la prima patologia galoppa e si diffonde grazie alle zanzare – almeno qui in Italia – mentre la seconda colpisce esclusivamente i conigli. Proprio cosi: nessun’altra specie subisce gli effetti di gravi lesioni polmonari ed epatiche di una malattia virale chiamata con un acronimo di tre lettere.

“I conigli svezzati invece vanno vaccinati dopo trentacinque giorni e il registro dei farmaci è sempre a disposizione delle autorità competenti per indicare inizio e fine di ogni trattamento”.

( Reportage fotografico a cura di Giancarlo Bomba. Tutti i diritti riservati )

Una nuova vita non può prescindere dai numeri. La media si aggira intorno agli otto o nove esemplari. Per questo occorre compensare e riempire i nidi qualora il numero sia minore.

Mamma coniglio partorisce, ma uccide anche. Lo fa azzannando e mangiando quegli esemplari che non riconosce come i suoi. Una volta un’allevatrice di tigri mi disse che anche l’esemplare più aggressivo tra quei felini è pronto a difendere i cuccioli di qualcun altro.

Il coniglio no. Apparentemente tenero e inoffensivo, sa essere persino spietato: per evitare episodi di cannibalismo frequenti e ripetuti, Antonio allontana i cuccioli dopo pochissimi giorni. Intanto il mangime scende lungo questi piccoli tubi cilindrici, oggi come tutti gli altri giorni; accade una volta ogni ventiquattro ore. Un chilo e mezzo per quattro conigli, un chilo in media per le fattrici che prima di partorire però decidono volontariamente di mettersi quasi a digiuno.

Ignoro odore e sapore, ma stando a quanto mi viene detto il mangime dei conigli svezzati – oltre i trentacinque giorni – è ricco di coccidiostatici per evitare enteriti. Mia nonna dava anche erba medica, penso, ma non aveva un allevamento di esemplari destinati poi al mercato.

“Ho iniziato mettendo volantini, contattando chiunque, azzardando anche la vendita porta a porta. All’inizio c’erano soltanto clienti privati, poi gradualmente sono riuscito a conquistarmi il mio mercato e giungere cosi ai rivenditori”

C’è la storia della sua famiglia, dietro questa giornata e queste parole. C’è poi il suo impegno costante; inevitabilmente il mondo che si evolve.

Antonio Russo oggi raggiunge i clienti anche grazie a Loveitaly, il brand tutto abruzzese – e frentano – vero e proprio mercato agricolo on line che sposa perfettamente la filosofia della spesa a km zero: cibo di qualità che arriva dalla terra che conosciamo e che calpestiamo da quando siamo nati.

Frutto di una scelta, condivisibile come tutte le altre quando è il lavoro onesto e sudato, inevitabilmente, a spingere sull’acceleratore.

“Mi piacerebbe ingrandirmi, continuare il mio lavoro come faccio dal primo giorno. Anzi meglio”.

( Reportage fotografico a cura di Giancarlo Bomba. Tutti i diritti riservati )

Non lontano da noi c’è un bruciatore, essenziale per il ricambio del pelo. Poi fisso la ventola che si aziona di nuovo, ma appena cessa di funzionare si spalanca la porta sul fondo.

Usciamo. Antonio mi indica il punto dove un anno fa è caduto: quattro costole incrinate e un periodo di stop. Sembra soltanto un ricordo appannato, quando con un rapido slancio recupera e lascia a terra un coniglio bianco preso pochi istanti prima.

“Già, ho dovuto rimettermi subito in sesto”. Mi ha letto nel pensiero e quindi ho ragione di credergli. Prima che il coniglio bianco, ora sul prato a pochi passi da noi, faccia un piccolo e timido salto.
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