
Due nomi e una vita insieme. I 25 anni di Enisco
La verità di Enisco sta tutta in un piccolo angolo della loro cucina. Conosco i suoi proprietari da pochissimi minuti, ma questo non ha impedito al sottoscritto di pranzare con loro. Domenico è seduto a capotavola, sua moglie Ines si alza da tavola continuamente e si preoccupa del mio pranzo come se fossi suo figlio o suo nipote. In un attimo abbiamo abbattuto ogni formalità, in un baleno prendo confidenza con il loro passato.
Quel passato mi porta indietro al giugno di venticinque anni fa. E’ passato esattamente un quarto di secolo da quando Domenico e Ines nel 1992 inaugurano Enisco: la loro pizzeria – ampliata e ristrutturata negli anni – si trova ancora in Contrada Castellata Forestieri a Sant’Eusanio del Sangro.
Se fossi seduto ad uno di questi tavoli, come me oggi, potresti mangiare un’arrotolata e scoprirla nuova e gustosa ogni volta. Il merito è dello studio dietro a ogni piatto, così come dei suoi stessi ingredienti perché l’origano e i funghi trifolati esaltano il prosciutto crudo, aromatizzano la concretezza della mozzarella e delle scaglie di parmigiano, abbinate a rucola e pomodoro fresco.
Nel menu c’è traccia del tempo, ma di un tempo vissuto intensamente insieme: la pizza Enisco non può, non deve assolutamente mancare.
Enisco è una pizza che potrebbe sintetizzare l’identità stessa di un matrimonio vero e non solo perché è l’unione dei nomi di queste due persone sposate felicemente da oltre quarant’anni:
qui la delicatezza di funghi e carciofi sposa la freschezza del pomodoro, la sapidità delle olive; trova continuità nel palato grazie alla presenza delle uova. Le uova sono un punto fermo in cucina, ma avvalorano i principi che Domenico ed Ines inculcano con successo alle loro figlie, perché simbolo del duro lavoro che però non esclude mai cura e attenzione dei particolari.
Monia e Marianna ne sono consapevoli, ovviamente più del sottoscritto: lo dimostrano perché ogni volta parlano dosando sapientemente parole e ricordi. Ma soprattutto, ostentano sicurezza perché sono libere di esprimersi. I genitori le vogliono e le amano così, pretendendo ogni volta di conoscere la loro opinione di donne adulte e consapevoli.
“Le nostre pizze nascono dal confronto: le assaggiamo, le proviamo, ogni volta ci scambiamo opinioni senza riserve”
Mi viene in mente la pizza Boom, introdotta nel menu successivamente. Proprio perché è la pizza che sceglierebbe chi non ha paura di affrontare nuovi gusti, affidando al proprio palato una pizza con funghi, cipolle, olive, dove la salsiccia non teme confronti con il tonno a crudo e l’origano.
Le mani di Ines e Marianna impastano, ma si rivelano instancabili anche nella preparazione dello stinco di maiale, che da oltre quindici anni è un piatto forte della casa. Un piatto simbolo del locale; preludio alla spada. Creata recentemente, la spada è lo spiedone di carne che i clienti apprezzano e degustano già volentieri.
“Ci confrontiamo continuamente, non ho mai nascosto a mia madre dubbi o perplessità” – mi rivela Marianna, la maggiore. Le fa eco Monia: “tra sorelle discutiamo senza problemi, le cose vanno dette perché ingoiare il rospo rende il boccone più amaro. A tutto vantaggio della trasparenza e della giusta accoglienza che meritano i nostri clienti”.
C’è spazio per tante risate che accompagnano tanti aneddoti, tra una portata e un’altra, come a una comune, comunissima cena tra amici. In realtà ho la sensazione che i coniugi Di Loreto e le loro figlie non siano mai realmente distanti dalla vicina Contrada Brecciaio, dove Ines passa la sua infanzia con le sorelle tra i tavoli e i fornelli di Mammarosa, lo storico locale che appartiene da decenni alla sua famiglia.
“Ancora oggi mia madre Rosa è al comando, caparbia e instancabile come sempre”.
Carattere, personalità e passione fanno indubbiamente parte del ricettario di famiglia: sul finire degli anni settanta, Ines segue il marito Domenico in Germania. Lui è autista di mezzi pesanti, lei è operaia in un’azienda di ottica vicino Stoccarda.
“In quel piccolo paese, tra Porsche e Mercedes, io guidavo una 127. Neanche messa troppo bene”
I nipoti Gaspar e Domenico, adolescenti e figli del mondo di oggi ridono al pensiero di un’auto praticamente estinta, ascoltando le parole del nonno che conoscono a memoria. Le gustano come fanno con i giochi da prestigiatore che il padrone di casa usa solitamente per intrattenere i bambini ospiti di Enisco.
Nel 1981 Domenico e Ines ritornano qui per rilanciare Mammarosa, introducendo novità che si rivelano vincenti. Tuttavia, entrambi capiscono che la ristorazione richiede troppo tempo, perché essere aperti a pranzo complica le cose, specie se ami il tuo lavoro e se non vuoi rinunciare alla famiglia.
“Non volevamo privare le nostre figlie della nostra presenza. La pizzeria è il frutto di questa scelta, della voglia di essere genitori, perché quello è un ruolo che non abbandoni mai”.
Nel suo presente d’imprenditrice, cosi come nel suo passato di operaia, Ines si lascia uno spiraglio. La pittura è il momento che dedica a se stessa, la passione che non ha mai abbandonato. Per tutto il tempo, i miei occhi hanno fissato alcuni quadri che lei ha dipinto, ispirandosi ai viaggi, a foto scattate, a sensazioni. Poco distante da noi, Domenico già scalpita per condividere con me la sua passione.
“Nonno ama le moto e ha una Harley. Va anche a tutti i raduni quando può”…Le voci ancora acerbe di Gaspar e Domenico accentuano il sorriso orgoglioso del capofamiglia.
Fa bene, a sorridere: nel suo caso donne e motori vanno assolutamente d’accordo. Ines accompagna sempre il marito, come dimostra il recente viaggio verso i castelli della Loira. A bordo di una Harley, non di una Morini, come durante il loro viaggio di nozze nel 1976.
“Non erano tempi di Harley, quelli” – mormora Domenico, ridendo davanti alle foto di viaggi e dei grandi raduni in giro per l’Europa.
“Già, ma il nostro è un viaggio di nozze che è impossibile dimenticare”, replica Ines sorridente oggi come allora.
Occorre un’altra visita, per scoprire altro sul mondo di Enisco: eppure al mio arrivo, lì in quel piccolo angolo riservato in cucina, ho potuto pregustare quello che poi avrei assaporato. Naturalmente, come se non mi fossi mai mosso da casa.
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