
Storie da leggere e “prenotare”: parte il crowdfunding per Banda San’Antonio di Andrea Rapino
Ho davanti le prime due pagine di Banda San’ Antonio, il secondo romanzo di Andrea Rapino, giornalista, scrittore – già autore di Giorni Ruggenti – laurea in Storia Medievale all’Università di Bologna. Sono consapevole che con questo inizio mi sto già dando un tono, perché come tanti nella mia città e che è soprattutto la sua, l’ho sempre chiamato Cespu. Questo soprannome suona ancora bene, penso, quindi ho evitato di dilungarmi in merito assillando il mio interlocutore sulla sua origine.
Una Raccolta fondi particolare. Ho incontrato Andrea perché mi parlasse finalmente di Banda San’ Antonio, il suo nuovo libro in realtà non ancora pubblicato. Perché ciò avvenga deve raggiungere una quota: centocinquanta preordini, effettuabili entro sei mesi sul sito di Bookabook, casa editrice con esperienza in crowdfunding.
Bookabook è un nome che in realtà spiega già tanto: il lettore, visitando il sito omonimo, ha la possibilità di cercare e leggere un’anteprima di tutti i romanzi presenti nel catalogo. Sul sito di questa casa editrice scatta così un’autentica racconta fondi in rete – crowdfunding significa semplicemente questo – perché l’opera di un autore, già ultimata, venga finalmente alla luce.
Per contribuire chiunque è tenuto a registrarsi seguendo poche e semplici istruzioni, finalizzate alla prenotazione di una copia che riceverà soltanto quando il libro verrà pubblicato. Nessuna eccezione: vale lo stesso per Banda San’ Antonio di Andrea Rapino.
Un nuovo comandamento. Bookabook non segue i canali dell’editoria tradizionale che a causa di decisioni sbagliate, è spesso complice di un paese sempre più disinteressato alla lettura. Si appella invece a regole democratiche, uguali per tutti gli autori che sceglie di sottoporre all’attenzione di coloro che spulciano un catalogo vario e di qualità, come dimostrano riconoscimenti importanti conferiti recentemente.
In un paese laddove i lettori sono sempre meno avidi e soprattutto meno numerosi, bisogna puntare sul coinvolgimento diretto di coloro che vogliono leggere e vanno a caccia di libri.
Nel mondo letterario tradizionale, come sa bene il mio interlocutore, forse davvero non ci sono più regole certe mentre in questa realtà letteraria del crowdfunding sembra invece farsi strada un diverso comandamento: Se vuoi il libro devi fare in modo che venga alla luce. Devi esserne anche tu padre e madre.
Andrea, da grafomane a scrittore. Riflettendo sugli anni dell’adolescenza, Andrea Rapino si definisce ancora inguaribile grafomane. Lo fa in tutta serenità, consapevole che la successiva attività di cronista gli ha dato ragione prima che lo inviti a soffermarsi sulla sua scelta di tentare altre strade anche quando il sentiero sembrava già battuto.
E’ un dato di fatto perché Andrea, classe 1973 e già collaboratore di note testate regionali, crea la sezione notizie all’interno di Lanciano.it, testata online seguitissima.
Una novità assoluta e coraggiosa nei primi anni duemila, specialmente in una cittadina di provincia e in tempi dove wi-fi è parola praticamente inesistente.
Giuseppe e la banda. Quest’ultimo aneddoto vince sugli altri; è il punto di partenza perfetto quando ti trovi di fronte alla sinossi di Banda San’ Antonio, dove spicca il nome del protagonista nonché voce narrante dell’opera. So bene che Giuseppe è ancora il nome più diffuso nel nostro paese, eppure sembra non esserlo, sempre più dimenticato dalle nuove generazioni.
Per quanto rischi seriamente l’estinzione, nel romanzo di Andrea Rapino Giuseppe si rivela la prima di una lunga serie di scene indovinate.
Magari vi verrà voglia di chiamarlo Peppe. Fate pure: Giuseppe che non ha cognome è un giovane operaio che abita in una cittadina di provincia. Lavora in una fabbrica metal meccanica nel comune confinante e situato poco più a sud.
C’è un fiume che divide due città: ma allo stesso tempo quel corso d’acqua è la calamita che unisce i due mondi che Giuseppe tenta in tutti i modi di tenere lontani attraverso appellativi sprezzanti o commenti sarcastici e impietosi.
L’inizio de Banda San’ Antonio è in realtà un incipit più cinematografico che letterario: Giuseppe sogna di trovarsi in Vietnam nei pressi di una parete crivellata di colpi che rimbombano.
Il suo incubo finisce alle cinque di mattina, ma non può considerarsi salvo: si rende conto che è l’alba di un giorno di settembre, il mese che sancisce la fine di una stagione passata nei locali e negli “sfigati” stabilimenti balneari della costa.
Nel mese che designa l’inizio dell’autunno, in perfetta controtendenza rispetto alle regole della natura, Giuseppe è come tutti gli altri esseri umani, messo quasi al muro di fronte alle sue responsabilità.
Già, c’è il capannone della sua fabbrica che lo aspetta. All’interno di quei capannoni, circondato da quelli che definisce metal mezzadri, non risuonano le urla del Sergente Hartman bensì le vocine dei capi contenti di tornare al lavoro, rei di incitarlo a produrre senza sosta lastre “lisce come le faccia di un bambino”.
Sono ancora nel mondo di Andrea, quando tra queste pagine lette in anteprima sul sito di Bookabook, vedo Giuseppe varcare quel fiume all’uscita dalla fabbrica ogni giorno e nell’attesa febbrile del venerdì.
Prima che un lungo week end cominci, perché dopotutto il suo destino è legato alle vicende sportive di Artemide, la squadra della sua città, capace di appassionare lui e i suoi amici più di un club di serie A. Ma Artemide – o meglio dire la Dea – sin da subito è un personaggio indiscusso:
la squadra che questi ragazzi seguono sopratutto nelle lunghe trasferte dall’esito sempre diverso e sempre incerto, in realtà sostiene e tiene per mano i compagni della Banda in un presente con pochi colori.
Grigio, uniforme come le lastre di metallo che Giuseppe produce, destinate al fabbricone dove si realizzano grossi furgoni.
You’ll never walk alone è il loro motto nonché il canto calcistico per eccellenza. Eppure anche qui, in un romanzo dove il realismo psicologico si fa strada grazie alla voce narrante del suo protagonista, quel coro diventa una formula magica straordinariamente verosimile. Credibile al punto da rendere giustizia all’immagine delle zucche d’agosto che sul finire dell’estate e agli albori di settembre tornano a trasformarsi, puntualmente, in capannoni industriali.
Per coloro che sono cresciuti tra le strade dei quartieri di provincia – come San’ Antonio – in città di provincia, resiste l’immagine dei ragazzi che nei week end sopravvivono illudendosi di vivere una vita spericolata.
Più che magicamente, la provincia è – amaramente – anche questa: ad Andrea ho chiesto perché ha scelto di continuare a viverci e mi ha dato la sua risposta.
A me resta invece una domanda: qualcun altro, tra i rimasti, saprebbe rinunciarci per sempre?
Nonostante quell’apostrofo volutamente sbagliato, credo che l’unica certezza in merito resti Banda San’ Antonio. Leggetelo dove volete, ma prenotiamolo insieme.
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