Storia di un amante di libri

Il 1933 per molti è un anno remoto, se non addirittura anonimo. Ma se consideriamo che nel 1933 fu eletto Adolf Hitler, e se consideriamo l’enorme influenza che la legittimazione di quell’ascesa ha avuto sulle vite di miliardi di persone, in molti ritratterebbero e direbbero  che il 1933 non è un anno lontano. E nemmeno, un anno qualsiasi.

E’ stato un anno pericoloso, il 1933, fosco anche quando è Primavera avanzata e le giornate si allungano. E’ il 10 maggio e a Berlino, centinaia di studenti in calzoncini corti e camicie identiche, si sono radunati nell’Opernplatz. Sono disposti in modo caotico intorno a una quantità sterminata di libri, e un attimo dopo, ovviamente dopo aver alzato la mano, quei libri iniziano a bruciare.

La luce che si sprigiona dalle fiamme non illumina, quel calore non riscalda: la parola è stata gettata nel fuoco e il brivido non si arresta. Da Brecht a Thomas Mann, da Einstein a Hemingway. Il nome dei „condannati“ al rogo è infinito.

Facile pensare, che se una di quelle persone oggi osannata fino all’inverosimile fosse capitata lì per caso, quella notte, non avrebbe avuto sorte migliore rispetto a quella dei propri libri.  Quale sia stato il primo libro bruciato, quale l’ultimo, poco importa. La storia e gli anni sono andati avanti, e nel 1945 roghi ben più vasti incendiavano le città tedesche martoriate dalle bombe alleate.

Anche il 1945 non è stato un anno qualsiasi, ma fortunatamente è un anno che la memoria collettiva ha saputo salvaguardare più a lungo, rispetto al 1933. Del 1945 anche Georg Salzmann ha ricordi molto più nitidi.

Comprensibile, anzi ovvio: nel 1933 quando a Berlino vengono bruciati i libri Georg ha solo quattro anni. Oggi, nel 2020, la Opernplatz  è diventata Babelplatz. Ancora oggi si trova nel quartiere Mitte, cuore di Berlino Est durante tutta la guerra fredda.

Nel cuore della Berlino riunita una lapide posta a memoria di quell’evento recita la frase di Heine, poeta dell’Ottocento:  “Quando i libri vengono bruciati, alla fine verranno bruciate anche le Persone”

Una frase che può essere urlata, per quanto si sia rivelata tragicamente vera. Ma Georg è un sedicenne ancora inconsapevole di quanto la storia inciderà profondamente sulla sua vita. Proprio perché nel 1945 non c’è solo la storia ad entrare prepotentemente nella sua esistenza.  In quell’anno, nella sua stanza, il rumore di bottiglie di vino scaraventate per terra si impadronisce pian piano di tutto. Suo padre, moralmente distrutto, è arrivato ormai alla fine

Il signor Salzmann, per anni nazista convinto e proprietario di un’azienda del Terzo Reich, non regge il senso di colpa e si suicida.

La Germania è in fiamme, o in rovina, le persone muoiono di fame oltre che al fronte. Un ideale crollato, in quel periodo, equivale alla fine del mondo conosciuto, del mondo auspicato per i figli e per le generazioni future: un mondo, un Reich, che doveva durare “almeno 1000 anni.

Alla fine della guerra, Georg è braccato dai sovietici che hanno occupato la Turingia e tutta la parte orientale del suo paese. Nella DDR comunista, viene arrestato e rilasciato quando il patrimonio di famiglia è ormai distrutto e sequestrato: considerato persona non grata nella zona di influenza sovietica della Germania, trova il modo di fuggire in modo rocambolesco.

Giunge a Berlino, si infila una spilla del partito comunista sulla giacca e fugge ad Ovest. A Brema conosce la futura moglie: per sopravvivere lei trova un impiego in una libreria.

Senza saperlo, Georg scampa alla condanna che lo vedrebbe costretto a sopravvivere, a condurre ormai una vita anonima. Destinata ad essere dimenticata come i libri che si voleva far dimenticare.

Invitato ad unirsi ad un club letterario, inizia pian piano ad entrare in un mondo che lo aveva visto ancora più ai margini rispetto a quello reale. Fa un incontro che si rivela provvidenziale, e non è un incontro in carne ed ossa. Georg si imbatte nei libri di Ernst Weiss, scrittore austriaco, ebreo, morto suicida a Parigi il giorno in cui la Wermacht fa suo ingresso trionfale nella capitale francese. Nella sua nuova vita Weiss diventa il suo padre spirituale.

Per uno strano gioco della sorte, Padre spirituale e padre carnale sono accomunati dallo stesso identico, tragico destino.

Forse questo spinge Georg a confessare, tra un caffè e una sigaretta: “Volevo che la voce di Weiss non andasse persa nel vento” E’ così che la “caccia” al libro comincia. Come a voler mettere ancora più alla prova la sua caparbietà e il coraggio di andare avanti, Georg non dà la caccia a  Kafka, Mann o Heine, romanzieri e poeti celebri in tutte le lingue. Sa benissimo che quegli autori così noti sono autori utili alla società tedesca del dopoguerra, funzionali a quella società civile che vuole ricordare al mondo – o convincerlo, piuttosto – che il nazismo è stata una parentesi nella patria di Goethe, Schiller, Kant, Beethoven.

Negli anni in cui Simon Wiesenthal è a caccia di nazisti, spinto da una legittima sete di giustizia, la caccia di Salzmann appare diversa, ma accomunata dagli stessi principi. Sconfiggere il nazismo come merita: sul piano giudiziario e culturale, dopo aver vinto la meglio su quello militare.

Georg inizia a ispezionare librerie, a perlustrare mercatini di ogni tipo e in diverse città per “scovare” nomi che rischiano di essere inghiottiti nel dimenticatoio. Nomi come Eich Kästner, Stefan Zweig, Lion Feuchtwanger, Leonhard Frank. Tutti autori, come nel caso dello scrittore ebreo Franz Werfel, – la cui biografia su Bernadette Soubirous ispirò un film di successo negli anni quaranta – parzialmente dimenticati dal grande pubblico, meno pronunciati nelle accademie, ma comunque salvati dall’estinzione grazie alla collezione privata di casa Salzmann.

Ma negli ultimi anni Salzmann non combatte più solo con i demoni del passato, o con le difficoltà – anche economiche – legate alla sua caccia senza sosta. A differenza di Berlino o delle grandi città tedesche, in Baviera trova resistenza a trattare un periodo storico che in molti vorrebbero dimenticare. Le università esitano ad accogliere e prendersi cura della sua collezione di undicimila volumi.

Una esitazione che si traduce in una resistenza negativa, e che pesa, visto che casa Salzmann non ha più spazio per accogliere i volumi, e con lui che con il passare degli anni perde progressivamente le forze. Salzmann ha confida in loro – nei più giovani, quelli che non hanno ricordi del 1933 o del 1945 – fino all’ultimo.

Prima di spegnersi nel 2013, il 9 Novembre, nel giorno in cui il mondo ricorda la caduta del Muro. La storia di Salzmann mi ha ricordato per alcuni versi quella di Liesel, protagonista incontrata in Storia di una ladra di libri, libro che ho amato molto. Grazie soprattutto a lei, ragazzina tedesca che durante la guerra legge il suo primo libro e scopre una passione incontenibile per la lettura, al punto da entrare furtivamente nella casa del borgomastro attirata dalla sua enorme biblioteca.

“Affondando le dita ho trovato un libro cercato da 40 anni” è l’affermazione che sintetizza un mondo di immagini evocate dalla testimonianza diretta di Georg Salzmann. La frase ideale che troverebbe spazio in un romanzo intitolato Storia di un amante di libri.

Dell’Uomo testimone della storia, dell’uomo che ha raccolto migliaia di volumi e infinite prime edizioni, perché il nazismo non tornasse a prevalere con i suoi tentacoli sulla memoria collettiva. Si potrebbe dire molto altro, ma il finale di Storia di un amante di libri potrebbe “ospitare” questa frase: Chi ama i libri per davvero è un uomo nato per essere onesto.
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