Lo street food diventa italiano. Grazie a Gramburger

E’un pomeriggio, ma sopratutto siamo alla fine degli anni novanta. Noto un chiosco mobile, che vende hamburger e hot dog: è lo street food che ti aspetti, ma ai miei occhi quell’improvviso tocco d’America nel pieno centro di Lanciano rompe una felice monotonia. Invece per Rocco Finardi, che si è appena trasferito da Milano, non è una giornata qualunque.

Non può esserlo, perché ha trascorso dieci anni nel capoluogo lombardo e il suo inizio – prima che cominci un nuovo millennio – è un punto di partenza a tutti gli effetti.

“Ho indossato il grembiule e ho iniziato a cucinare, a vendere quel genere di cibo da strada che il cliente si aspettava”

Ma prima che il cliente sia servito, Rocco ha già in mente altre ricette, pietanze più invitanti che stimolino gusto, in primis nuove idee.

“Ho pensato alla mia clientela. Non volevo che venendo qui perdesse l’abitudine di mangiar bene”.

Sin dal primo giorno Ai Viali da Rocco è sinonimo di ottimi ingredienti, pulizia e cortesia, cucina a vista per vincere ogni tipo di diffidenza che lo street food tradizionale suscitava. Giorno dopo giorno, il presente si arricchisce di nuove ricette: mani, cuore e cervello sono sempre all’opera e fino a quando non giunge il tocco finale, Rocco non si accontenta.

Poi però arriva una calamità che rischia di stroncare la sua giovane attività.

Agli inizi del Duemila il morbo di Creutzfeld Jakob – si, quello della mucca pazza –  terrorizza i clienti e spaventa gli addetti del settore per la contrazione che subisce la vendita della carne bovina.

“Ero agli inizi, ma quell’esperienza mi ha confermato che a volte le difficoltà rappresentano una chance incredibile. Per andare avanti, ho cambiato filosofia e virato la nave prima che corresse il rischio di affondare. Ho iniziato a vendere hamburger di pollo e di agnello a dispetto dello scetticismo generale. Ho avuto ragione, perché sono arrivati sempre nuovi clienti e negli anni li abbiamo incuriositi, non solo soddisfatti”

Per continuare a soddisfare le loro richieste Rocco non si ferma: inaugura un locale e cresce la sua voglia di sperimentare “ anche quando sapevo che era molto rischioso farlo” tenendo fede ad un’idea fissa.

Qualità come diversità è un principio sacrosanto, intoccabile anche per l’amico Pietro Brighella, esperto di marketing.

Convinto che l’innovazione si arricchisce sempre grazie alla tradizione, Pietro intuisce le potenzialità dello street food e cosi, senza stravolgere il menu degli inizi, consiglia a Rocco di prendere spunto dalla terra dove entrambi vivono. Nasce un nuovo panino e non potevano chiamarlo diversamente.

L’abruzzese è il primo dei tanti che sposa quest’idea vincente ed è il mix perfetto, credibile, di alimenti che denotano sapori autentici e soprattutto una forte identità.

 

LAbruzzese_1

 

Nell’abruzzese non manca ovviamente l’hamburger, ma nel caso specifico non è manzo allevato in qualche remota prateria: è carne di arrosticino, scelta per essere abbinata al pecorino che ha sostituito il classico cheddar inglese, mentre la ventricina si è insinuata tra due fette di pane casereccio al posto del tradizionale bacon.

Una volta spariti i semi di sesamo, Pietro e Rocco sanno che non è tempo di accontentarsi delle briciole.

Unendo le reciproche competenze hanno deciso di portare avanti l’Italian fast food introducendo panini diversi come Il wagliò, ispirato alla tradizione campana o il toscanaccio, con la focaccia ruvida farcita di carne chianina e lardo di colonnata.

Si possono assaggiare qui a Lanciano, cosi come nel punto vendita in Contrada Saletti ad Atessa, aperto anche a pranzo per soddisfare le esigenze di tutti.

Con l’occhio puntato alla storia del territorio, dieci di questi panini sono diventati ormai un classico, un marchio nel marchio.

Perché è grazie all’idea di rivoluzionare lo street food classico che nasce l’idea di avviare un franchising

Gramburger gradualmente prende forma e sintetizza l’idea del fast food all’italiana, un concept che Pietro non poteva non proporre ad un imprenditore lungimirante – sempre attento e lusingato dalle novità – come Rocco Finardi.

 

“Si tratta di un franchising rivolto a coloro che vorranno affiliarsi al nostro marchio – incalza Brighella – dal 1 settembre valuteremo formalmente le richieste pervenute recandoci sul posto. Per noi un’analisi attenta ai minimi dettagli è la condizione imprescindibile per concedere al richiedente tutti i diritti di proprietà e vendita che generalmente vengono estesi ad un affiliato.”

Ma per radicalizzarsi in un bacino di utenza non molto grande – circa venticinquemila abitanti – un punto vendita deve essere gestito da chi mostra impegno e consapevolezza per il territorio e sul territorio. Per questo tutti gli aspiranti affiliati verranno attentamente valutati e formati qui, a Lanciano.

Anche l’ambientazione e il design richiamano lo stile italiano, in locali la cui ampiezza varia in base alle richieste: Sessanta mq per un locale senza posti a sedere, il doppio invece quelli previsti in locali con sedie e tavoli all’interno.

“Le aziende che si occupano di progettare, costruire e fornire le attrezzature sono tutte made in Frentania. Abbiamo coinvolto persone e professionisti che vivono qui, per lavorare e sopratutto crescere insieme.”

Non lontano da noi c’è una coppia che sta scegliendo cosa mangiare. Lui opta per un marchigiano, lei per un piatto vegetariano più light, da dividere con la figlia.

Rocco ricambia il loro saluto e prima di salutarmi si lascia il tempo per un’ultima considerazione.

“Sono miei clienti da sempre, sin da quando erano teenager. Vederli qui oggi con i loro bambini mi aiuta a credere che molto probabilmente vedrò crescere anche i loro figli, mi aiuta a pensare che forse ho fatto davvero bene il mio lavoro.”
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