L’amore inspiegabile di Bobby e Poh

Molti credono che la solitudine sia un male incurabile dei giorni nostri. Rifletti un istante e ti sembra un dato incontrovertibile. A quel punto la cavalcata inarrestabile del progresso si arresta. Hai dato fiducia alla scienza, hai creduto che la tecnologia potesse risolvere un’infinità di problemi – i tuoi, soprattutto – e ti senti solo persino quando tutto va come dovrebbe andare. Anche quando hai una bella casa, una famiglia che potrebbe essere immortalata in un quadro, amici che ti adorano e colleghi che ti stimano..

Parafrasando qualcuno, la solitudine sembra essere spiegabile solo come un numero primo, unico ed indivisibile. Ma poi scopri che questo è un principio che governa i numeri e non il mondo reale perché la solitudine è forte, non esiste da ieri, non è un male dei nostri giorni. Lo sapeva bene anche John Gray – semplicemente un omonimo del poeta – vissuto in Scozia nel diciannovesimo secolo.

John, una guardia notturna al servizio della polizia di Edimburgo, non aveva nessuno al suo fianco, nessuno che lo amasse e se ne prendesse realmente cura quando si ammalò di tubercolosi. A proposito, il male incurabile di quel secolo. Sarebbe stato amato – forse – e curato a dovere, ma difficilmente qualcuno avrebbe vegliato la sua tomba per anni dopo la sua morte. Già perché anche la promessa più solenne esenta noi esseri umani da tale, immane compito.

Finché morte non ci separi, il giuramento arcinoto del rito sacro per eccellenza che unisce due vite, ci solleva dall’obbligo di osservare e contemplare la fedeltà in eterno.

Ma Bobby, il cane di razza terrier che non ha mai abbandonato John Gray in vita, decide di non abbandonarlo nemmeno dopo la morte. Incurante dei rischi e dei divieti, ogni notte va sulla tomba del suo padrone nel famoso cimitero di Greyfriars Kirk per dormire al suo fianco.

Anni dopo un’ordinanza cittadina intende eliminare tutti i cani randagi della città, ma Bobby ignora divieti e proclami. Cosi per quattordici anni, praticamente tutte le notti, dorme accanto al suo padrone sepolto nel cimitero situato nella parte vecchia della città e diventa una celebrità. un’istituzione della Scozia. Passa alla storia dimostrando fedeltà e amore, la sua devozione vale però come la più incredibile impresa e rende famoso quel padrone abbandonato in vita. L’uomo dimenticato da tutti e in gran fretta.

Ho scoperto la storia del cucciolo di Edimburgo quando ero bambino, grazie ad un film prodotto dal mago Disney. Mi ha talmente colpito che ricordo ogni particolare. Sembra ieri.

Non sono io, in realtà è Poh a prendersi cura di me. A parlare è Thomas Neil Rodriguez: la sua storia l’ho scoperta oggi per caso grazie a Poh the dog, un account molto popolare su Instagram. Social che spopola in tempi in cui la solitudine sembra invincibile e incurabile, appunto.

Poh è un labrador, definito cane di razza mista – come se facesse differenza – ed ha quindici anni. Gli è stato diagnosticato un male davvero incurabile, un cancro in fase terminale che potrebbe ucciderlo in poche settimane. Nonostante le paure e la disperazione per l’inappellabile verdetto, Thomas all’improvviso ha un’idea. Di quelle destinate a strappare un sorriso al mondo intero, quantomeno alla fetta di mondo che considera la sua non un’idea originale, ma semplicemente felice perché frutto dell’amore destinato a durare per sempre.

Thomas decide che passerà intere settimane con il suo cane facendolo divertire, in modo che lo spirito di entrambi tragga da questa nuova avventura la forza necessaria per andare avanti.

Quando il loro percorso insieme sembra destinato a spegnersi per sempre, si accende invece l’entusiasmo di tutti e due: inizia un viaggio in lungo e largo per gli Stati Uniti. Trentacinque città visitate, ventimila chilometri percorsi: nessuno dei luoghi simbolo dell’America è stato trascurato.

Poh viene immortalato a Timesquare, mentre cammina in riva all’Oceano, vicino al Golden Gate o quando imprime le zampe sulle stelle di Hollywood incise sui famosi marciapiedi. Non disdegna le luci e lo spirito indomito di Las Vegas, fissa l’obiettivo con rispetto sotto l’insegna Graceland, la maestosa dimora di Elvis a Memphis. Cammina silenzioso nella neve a Baltimora, sembra allegro in Arkansas mentre appare triste ad Amarillo, non lontano dalla frontiera con il Messico.

Da quel confine tra due mondi così difficile da comprendere.  Netto ed inequivocabile.

Poh è un pellegrino dei giorni nostri che ha resistito per un’infinità di ragioni o forse per merito di una ragione soltanto. Ciò che conta non è il lieto fine, bensì il punto di partenza, cosi come le tappe intermedie di un’avventura intrapresa nel segno del presente da vivere e celebrare, grazie a momenti indimenticabili che se condivisi restano indelebili.

Più di 150 anni fa Bobby non abbandonò il suo padrone, oggi il padrone non si è arreso e non ha lasciato solo Poh. I ruoli si sono invertiti, i tempi sono diversi, ma forse le differenze finiscono qui.

Quando la vita di un essere umano incrocia quella di un animale nasce un legame spesso indistruttibile. Talmente indistruttibile da essere inspiegabile.

Me l’hanno detto in tanti, ne ho avuto anche la prova: noi esseri umani sappiamo bene cos’è l’amore o cosa implica la solitudine, ma troppo spesso pensiamo che facciano parte solo del nostro mondo. Questa distinzione è chiara anche a loro, che magari non vedono il mondo a colori come lo vediamo noi.

Una differenza abissale anche perché amare significa tante cose. Ma sicuramente non fa rima con abbandonare.


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