L’altra metà del giorno
Volevo dare a questa storia un titolo diverso. Già, avevo pensato a Ragazzi senza luce o piuttosto a The dark side of the Sun: in merito al primo titolo, lo reputo sin troppo cupo e deprimente, ma soprattutto distante dalla verità, come ho avuto modo di capire approfondendo l’argomento che ero in procinto di trattare. Il secondo sarebbe risultato d’impatto, indubbiamente. Ma è stato già scelto per lanciare Brad Pitt in un film di trent’anni fa.
Non solo. Carlo Shalom Hintermann e Lorenzo Ceccotti hanno deciso di riproporlo per il loro lungometraggio del 2011, interamente girato a Camp Sundown nello Stato di New York. Il lavoro di questi due artisti italiani è dedicato a ragazzi che popolano un bosco durante un campeggio estivo. Quest’ultima frase, lasciata a metà, non lascerebbe presagire a nulla di originale: ne sono consapevole e me ne importa poco.
Perché qui l’originalità non c’entra nulla: chi realizza uno spettacolo sa che talvolta l’umanità di certe storie è un lusso di fronte alla spettacolarizzazione di effetti speciali creati ad hoc per rinverdire storie che spesso non dicono molto.
Quello di Camp Sundown è invece un campeggio speciale: qui, d’estate, vengono tutti i ragazzi affetti da XP. queste sono le iniziali che introducono lo Xeroderma pigmentoso, una malattia caratterizzata da elevata fotosensibilità ai raggi UV. Grave, al punto da scatenare tumori alla pelle.
Letale, al punto che in caso di esposizione prolungata le ustioni sul corpo non vengono assorbite dalle cellule dell’organismo – come normalmente accade – generando conseguenze irreversibili.
I ragazzi di Camp Sundown purtroppo non sono gli unici. In ogni angolo del globo ci sono persone che non possono godersi una giornata di sole all’aria aperta. uomini e donne, più o meno giovani, che non possono giocare in spiaggia, divertirsi in un parco, fare un pic-nic, lasciarsi semplicemente accarezzare dal sole quando tutti gli altri possono.
Questo non è un film. Quindici anni fa The Others, il thriller con Nicole Kidman, fece conoscere questa malattia a molti.
Quella era la storia di una madre sola e ansiosa per i suoi due figli piccoli, affetti da questa particolare patologia: li, in una villa perennemente immersa nella nebbia e nel pieno della seconda guerra mondiale, il mondo li aveva riposti e abbandonati.
Ma questo non è un film e nella realtà di oggi esiste un’altra madre. Caren Mahar, insieme al marito Dan, non ha voluto vivere prigioniera delle ansie ossessive e delle fobie come la Grace del film di Amenabar.
Nel 1995 Caren e Dan hanno fondato questo campeggio. Lo hanno fatto per la figlia Katie, anche lei affetta da XP. Verrebbe da dire che da vent’anni qui arrivano ragazzi malati, che soffrono a causa di un’allergia diversa da tutte le altre. Poi si potrebbe anche maledire il sole una volta tanto perché causa tanta sofferenza e rende oscura – il più tragico dei paradossi – anche la vita di famigliari costretti a rivoluzionare la propria esistenza. A lungo, magari per sempre.
Ovviamente, a Sundown Dan e Caren non hanno insegnato ad odiare il sole. Qui i ragazzini vivono semplicemente l’altra metà del giorno: quella che vede protagonisti in cielo la luna e le stelle, quella che sa regalare scenari mozzafiato e magici.
Non hanno possibilità di scelta tra giorno e notte, ma nonostante una lotta impari non vivono la loro condizione come una condanna.
Dopo il crepuscolo. Forse i ragazzini di oggi se ne sono accorti grazie a Twilight, ma a me, da sempre amante dei paesaggi lunari, l’idea dei coniugi Mahar conferma l’incanto di fronte al cielo che si traveste non appena fa buio.
Dopo il crepuscolo i ragazzini di Sundown tornano a correre e a ridere. La loro malattia li unisce, senza dubbio, ma in questo piccolo angolo di mondo una comunità sopravvive perché ad essere chiara è l’identità di ciascuno. Per loro, come per tutti gli altri, il passato è diverso ogni volta e sostiene il presente seguendo strade diverse.
Guardando le foto sul sito dedicato a campsundown la conferma di quanto ho scritto giunge da volti e colori di capelli differenti, espressioni sul viso che non si confondono con quella del vicino.
Sono loro, i ragazzini di Sundown, i protagonisti di una storia che nel film tutto italiano The dark side of the sun torna – neanche a dirlo – miracolosamente alla luce.
I coyote non ci fanno paura. Ad introdurla, nel trailer diffuso su Youtube, due giovani ragazze che si godono un paesaggio stellato, immerse nel pieno di una notte di luna piena.
Il buio non può spaventarle: chi vive una qualsiasi diversità in ogni momento deve tener conto di pregiudizi e paure che resistono sempre al loro cospetto. Le minoranze lo sanno, abituate a resistere dinanzi a occhi che fissano e talvolta feriscono, magari anche più di raggi UV molto potenti.
Sarà che l’equinozio è appena passato, sarà che in questo periodo dell’anno la notte inizia a prevalere sul giorno o magari Halloween è alle porte.
Nel trailer si nominano puma e coyote, versi di animali e creature che popolano la notte da millenni. Già, ci hanno insegnato che ci sono animali che vivono di notte: ma in realtà, gufi e pipistrelli, volpi e cervi vivono la notte.
E’ il riposo delle loro prede che consente loro di sopravvivere e non sovvertire un ritmo biologico fortunatamente non stravolto e miracolosamente intatto.
I raggi Uv e l’astronauta. Ai ragazzini di Sundown e a tutti coloro che vivono questa malattia in ogni angolo del pianeta restano la speranza e la fiducia nella ricerca. Nel suo blog Caren condivide notizie e informazioni a riguardo, citando anche Hamilton Standard, l’azienda che produce le uniformi per le missioni degli astronauti della Nasa.
Un’azienda da anni impegnata a fare altri passi avanti per creare un abbigliamento confortevole e sicuro, preludio a momenti che ridonino luce – non importa il colore, perché in fondo basta un po’ di chiarore – a chiunque vive e convive con fantasmi che in questo caso non spuntano dal nulla dopo l’imbrunire.
Sono spettri che si riaffacciano non appena spunta il sole. Già, alla luce del giorno. Sicuramente una prospettiva inconsueta, l’eccezione che però conferma la regola: a prescindere dall’orario, a dettar legge deve essere il coraggio. La paura non deve vincere mai.
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