La vittoria di Noelia

Lo dico subito: questa è la storia di Noelia Garella. Non mancano certamente altri protagonisti, ma a dimostrazione che le storie funzionano meglio quando ci sono i buoni e i cattivi, dico subito che qui la buona è lei. Questa giovane donna argentina di 31 anni, affetta da trisomia 21 – la nota sindrome di Down – oggi è felice. Ma all’inizio della sua giovane vita, qualcuno fece di tutto per impedirle di esserlo.

Già, c’era una volta potrebbe essere l’inizio di una favola dall’immancabile lieto fine perché il cattivo di turno, anzi la cattiva, nel nostro caso è una creatura in carne ed ossa che racchiude in sè tante figure sinistre.  Noelia è ancora una bambina che deve iniziare la scuola – in altre parole, la sua giovane vita – quando piuttosto che sentirsi accolta, viene respinta

La creatura non ha le sembianze di un orco, di una regina davanti allo specchio e non è nemmeno una matrigna che si finge gentile: è una figura imprecisata che guardando Noelia negli occhi, dice di non volerla

Perché è un mostro, e i mostri non possono stare con gli altri bambini in un asilo.

Argentina, venticinque anni dopo. Siamo a Jeromito, una cittadina a nord di Cordoba. Nella stessa città di sempre Noelia digrigna i denti e imita una faccia cattiva: tranquilli, non si è trasformata nel mostro che non è, realizzando cosi la mesta profezia della creatura arcigna. O magari malvagia, se serve a rendere meglio l’idea.

Noelia sta imitando uno squalo perché è nel mezzo di un racconto: anche lei, in un pomeriggio come tanti, cerca di coinvolgere il suo pubblico con gesti e parole che possano catturare la loro attenzione.

E’ circondata da bambini e sa che dopo lo spavento deve immediatamente rassicurarli. Lo fa nel modo migliore, nell’unico modo possibile, grazie ad un sorriso che va a segno perché parte da un un posto chiamato cuore.

Come la dea Nemesi, raffigurata in un noto quadro con le sembianze di una creatura alata, armata di spada e clessidra, Noelia come per incanto si è trasformata in ciò che voleva essere. Una maestra che lavora in una scuola materna, in stanze piene di immagini e colori.

Amata dai bambini, ma rispettata dagli adulti, da quelle colleghe che oggi hanno trovato in lei non un esempio, ma l’esempio.

Diventando ciò che voleva essere, Noelia Garella ha dimostrato che non solo è possibile sognare, ma si può ancora scegliere in questo mondo: in mezzo a quei milioni che rinunciano a lottare, Noelia ha avuto ciò che voleva.

Ho spesso immaginato una donna forte come una donna che batte i pugni durante una trattativa d’affari, come quella che cammina a schiena dritta senza inciampare nonostante i tacchi a spillo e tutto per farsi notare e ascoltare, in un mondo di solidi maschi diffidenti e ben inquadrati.

Non voglio dire che avevo torto, ma pur nella ragione ho escluso la possibilità che in una remota regione di un paese lontano lontano ( non è una ripetizione ) una giovane donna – che per fatalità genetica non è uguale alle altre – potesse riassumere tutte le potenzialità che emergono grazie a un cuore che pulsa davvero.

Noelia si è guadagnata la sua rivincita: ecco, non nascondo che all’inizio l’ho pensato, credendo fosse la frase che riassumesse banalmente eppure nel migliore dei modi possibili tutta la storia che sa di favola.

Ma invece che il classico lieto fine, questo è un lieto presente che benedice chiunque non vuole arrendersi alle difficoltà che sembrano insormontabili.

Ai mostri che tentano in tutti i modi di sopraffarci si può rispondere con le armi giuste, prima di sorridere di fronte al traguardo guadagnato.

Una vittoria, non una rivincita, perché quest’ultima è una bella parola che spesso però è accompagnata da scorie di rancore non ancora smaltito. Non è questo, sappiatelo, il caso: il sorriso di Noelia, che fa da contraltare alle lacrime versate da sua madre durante tutta l’intervista, batte tutto e chiunque.

Sono al cospetto di una vincitrice: la sua è una vittoria vera, perché a guadagnarci sono i bambini che da lei ricevono ciò che più vogliono, ossia amore incondizionato.

Ma a guadagnarci ci sono anche io, che in questo momento dovrei provare vergogna per le volte che mi sono arreso. A guadagnarci siete voi e sono poi tutti gli altri.

Già gli altri: quelli che ci appaiono uguali. Eppure straordinariamente – anzi magicamente – diversi.

( foto tratta da The Independent )
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