
La cavalcata di Alexis
C’è una casa in Via dell’armonia. E’ situata su una collina, si trova più in alto rispetto a tutte le case vicine. Come ogni mattina Alexis esce dalla sua abitazione e osserva attentamente coloro che abitano vicino a lui. Da qualche giorno c’è una calma un po’ surreale: la gente apparentemente continua la solita vita, eppure in molti hanno rallentato i ritmi e sono bloccati in una fila un po’ disordinata.
Ciascuno aspetta il proprio turno davanti a porte e cancelli chiusi. E mura silenziose. Si può sopravvivere chiacchierando oppure tacendo, ma in entrambi casi è meglio non abbassare la guardia.
Anche Alexis non parla, questa mattina, immerso nei ricordi dei bei tempi andati mentre guarda più in alto, verso l’antica rocca della sua città che tutti chiamano Acropoli. Non è vecchio abbastanza da ricordare momenti cupi narrati nei libri; tuttavia, è troppo giovane perché possa ricordare i giorni di vera gloria dei suoi avi entrati nella leggenda, perché eroici e spavaldi.
Resiste, tenace, il simbolo dell’antico splendore: quel tempio edificato un paio di millenni fa e che la sua gente ha sempre amato. In tempi di pace e in tempi di guerra, quando gli odiati nemici venuti da oriente abbattevano le sue colonne per estrarre metallo utile a fabbricare munizioni.
Qui si accoglie chiunque, ma si ama ciò che eterno. C’è un bellissimo mare non lontano, che da sempre culla chi abita in questa terra. Immerso nei suoi pensieri, Alexis nota Ioakim: probabilmente sono coetanei, ma a differenza sua Ioakim ieri aveva una bottega e oggi è vestito da soldato.
Ogni giorno indossa un elmo, una corazza e le schiniere che servono a proteggere ciò che lo scudo non riesce a coprire. Ioakim si dimostra un soldato un po’ imprudente perché tiene lancia e scudo distanti, lo sguardo puntato verso il basso.
Non ci sono nemici nei dintorni, che scendono dalle colline o arrivano via mare. Ioakim attende gli stranieri, i visitatori più ricchi che arrivano da lontano. Anche se sofferente, dovrà sorridere per forza: non ci bada perché questo sforzo spesso viene ripagato con moneta sonante.
Monete, tante monete o magari soldi veri di carta: tutti ne vanno a caccia e Alexis, che è l’uomo più potente della sua terra, questo lo sa bene.
Coloro che erano al potere prima di lui hanno nascosto la testa sotto la sabbia, o piuttosto la polvere sotto il tappeto.
Anni fa hanno truccato la partita e mostrato belle carte, servendo spesso un poker d’assi. Ma in realtà hanno preteso soldi barando. Hanno avuto fortuna e li hanno ottenuti, ma da tempo il trucco è stato svelato ed è arrivato per Alexis il momento di restituirli a chi sedeva attorno a quel tavolo.
Lui forse è davvero troppo giovane per essere colpevole, anche ora. Oggi come ieri lascia la sua città in compagnia della milizia chiamata Syriza.
In groppa a un cavallo che correva veloce fino a pochi anni fa, quando nella sua terra la gente sembrava felice e si organizzavano le prime Olimpiadi di una nuova era e un nuovo millennio, giochi senza frontiere che i suoi gloriosi avi mai conosciuti, hanno inventato.
Ora quel cavallo non ha più forza – o magari voglia – di correre, ma permette al suo cavaliere di procedere spedito verso la sua destinazione. Dopo aver attraversato verdi foreste lussureggianti di un angolo d’Europa, dove i pericoli e le bestie feroci non mancano, giunge infine alla sua corte. Qui, a turno, tutti salgono e scendono da un altro cavallo chiamato Troika: per alcuni versi simili al cavallo dell’illustre antenato Ulisse che ingannò i nemici.
A corte il volto del Re appare diverso ogni volta, mentre la Regina da anni non sembra cambiata.
E’ bionda, ha gli occhi azzurri, ma a differenza delle vere fiabe non è bella e i suoi occhi sono di ghiaccio. Ha sempre un falco accanto. La voce ferma in un primo momento appare rassicurante, tanto che non nega a nessuno un’udienza. Forse perché sa sempre quello che deve dire, probabilmente perché nessuno ha mai alzato la voce contro di lei: molti qui a corte, per paura o rispetto, continuano a dire che non ha colpa di nulla.
In sintesi, quando passa, si inchinano tutti.
Inflessibile anche quando sorride, è evidente che lei e Alexis – moro e con gli occhi profondi – non vengono dalla stessa terra e non parlano la stessa lingua.
Ecco perché non ha mai visto Ioakim vestito da soldato o sentito l’eco dei vicini di Alexis in fila davanti a quei cancelli chiusi.
Non vuole affogarli, ma non sembra disposta a rischiare la pelle per salvarli: per questo Alexis non vuole arrendersi e sa che per salvarsi deve inventare qualcosa e alla svelta.
Guardandosi intorno non vede più mani tese verso di lui; al contrario, ai suoi occhi si stanno trasformando in artigli di belve feroci e affamate. Per questo decide di tornare tra la sua gente e di affacciarsi alla finestra per respirare aria fresca, guardare in basso verso le strade e le piazze. Poi di nuovo in alto, verso quella rocca chiamata Acropoli dove manca un castello, ma c’è un tempio imponente. In basso intanto la gente lo ascolta e si riunisce nella Piazza più grande.
Oxi nella sua lingua significa No. Nai invece inganna e parecchio perché tradotto nella nostra lingua si trasforma in Si.
Consiglieri e messaggeri continuano a mandare missive ad Alexis, ma nel frattempo lui ha scelto di scendere dal cavallo. Ora, con in mano lo scudo e forte della sua corazza, avverte che il suo popolo vuole sentirsi libero e può sopravvivere.
Per ora tiene a bada il drago. Si chiama Grexit ed è pronto a sputare fuoco.
Nessuno può sapere però in quale direzione. Nemmeno Alexis, che ha scelto di abitare in via dell’Armonia.
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