Il discorso del Re

“La casa è il luogo dove batte il nostro cuore, e non sempre può essere confinata all’interno delle frontiere nazionali”. E’una premessa, un’introduzione, ma non è mia. Assolutamente. Sono alcune delle parole che Harald professa in un giorno assolato di Settembre: c’è il sole – anche se ci troviamo nel profondo Nord – ma oggi questo particolare stupisce meno del cuore che pulsa e dà vita a frasi e parole salutari. Cosi preziose per la mente e lo spirito che paradossalmente le definiamo – e senza alcuna remora – virali.

Harald ha quasi ottant’anni, età che lucidità e prontezza non riescono più a nascondere. Non può più procedere spedito, come quando da giovane competeva alle Olimpiadi e combatteva la sua battaglia contro la tradizione per sposare Sonja, ragazza comune – e oggi Regina – accusata di aver semplice sangue rosso nelle vene.

Pronunciando il suo discorso, Harald non urla e non gesticola. Tiene un profilo basso e conserva un torno pacato. Conosce pause che aiutano a sentire i sospiri e il respiro un tantino esitante, ma sono note di libertà che ci danno il tempo di ascoltare attentamente.

“Sono norvegesi ragazze che amano altre ragazze, ragazzi che amano altri ragazzi, e ragazze e ragazzi che si amano tra loro. I norvegesi credono in Dio, in Allah, in tutto o in nulla”

Harald sa che non sta parlando a nome di tutti. Nonostante gli somigli, il suo paese non è il paradiso in terra. Qui, tra specchi d’acqua trasparenti e boschi che per sei mesi all’anno sono tinti di bianco puro grazie a neve candida che gela poetici fiordi, c’è stato un uomo alto e biondo che ha compiuto una strage senza esitare. Perché anche qui vivono uomini e donne che hanno paura e talvolta respingono gli altri.

Gli stessi diversi che Harald ama e sostiene nel suo discorso, ricordando che “Sono norvegesi anche coloro che sono venuti dall’Afghanistan, dal Pakistan e dalla Polonia, dalla Svezia, dalla Somalia e dalla Siria”

Già, non tutti la pensano cosi. Forse proprio per questo sentendo e leggendo queste parole il mondo ha avuto tanta fretta di condividere questo messaggio di aperta tolleranza, che nel 2016 appare – di nuovo – come una sfida che avevamo dato per vinta.

Ma e’ questo forse il momento perfetto perché i comuni mortali come il sottoscritto, inizino a chiamarlo Re Harald, come protocollo e tradizione impongono.

Re Harald V di Norvegia – suo padre Olav fu ribattezzato Re del Popolo – pronuncia parole d’altri tempi in questo primo scorcio d’autunno: in realtà sono parole che sanno di primavera, perché rapiscono persone di tutte le latitudini e annientano chi osa alzare la testa con una forza sconosciuta ad armate ed eserciti.

Vi era un tempo in cui il proclama reale restava confinato tra salde mura – spesso invalicabili – e corti reali. Tempi andati di Re giusti e ingiusti. Oggi il popolo è diventato pubblico seduto a casa davanti ad un piccolo schermo e con le dita su una tastiera. Ma più che intelligente quel pubblico troppo spesso si dimostra essere abituato a tutto e per questa ragione concede il diritto di parlare a troppi, a discapito di originalità ed eleganza. Ma soprattutto umanità.

Re Harald non è una figura umile; è semplicemente umano e personalmente lo preferisco.

 

Non accennerebbe oggi un timido saluto su un destriero bardato a festa e neanche i suoi eredi ci tengono a cambiare: anche suo figlio Haakon ha sposato una donna comune, che però in passato non ha spalato cenere e carbone e non è arrivata illibata all’altare. Matte è una giovane donna di questi tempi: è stata ragazza madre, ha già avuto un marito con un passato turbolento.

Dire che lei e il principe Haakon sono felici e contenti sarebbe troppo, ma comunque sembrano sereni, mentre vanno in campeggio con i figli e dormono all’aperto.

Harold oggi è il Re perfetto, che non mi dispiacerebbe avere: è un vero uomo al comando perché dimostra di vivere il presente in modo credibile. Come? Non ha dimenticato il suo passato.

Lui è figlio di emigranti e non lo ha dimenticato. Certamente suo padre non è sbarcato sulle coste norvegesi dall’Inghilterra con un barcone, ma sceso dal piroscafo reale per salire al trono ha subito lavorato al meglio tanto da essere definito Re del popolo.

Non lo sapevo prima di leggere una breve biografia, il giorno dopo Il discorso del Re, che questa volta non è lo spunto per un film ispirato a Re Giorgio VI d’Inghilterra – cugino di Harald e padre dell’attuale Regina Elisabetta: il discorso di Re Harald è ricco di parole sentite e immagini vissute.

Il meglio che un uomo comunissimo, come il sottoscritto, si aspetta di sentire da un uomo saggio e che ha vissuto una vita piena, prima di pensare e magari mimare un timido inchino. Reale, intendiamoci, e non virale.
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