
Il barbiere di strada
Tutti mi chiedono, tutti mi vogliono. Figaro prosegue inarrestabile e contraddirlo è praticamente impossibile: un fiume in piena che non si arresta perché nella sua vita non sembra esserci traccia di tristezza. Non a caso dal collo del Barbiere non pende un cappio, bensì una chitarra. Canta nella caliente Siviglia ed esalta la propria vita costruita sull’esperienza, sull’astuzia e sulla leggerezza.
Ne esce fuori una melodia indimenticabile, ma anche quella musica in crescendo è destinata inevitabilmente a finire. A distanza di due secoli dalla prima messa in scena dell’opera di Rossini, il mondo è ben più complesso ed è sempre più difficile trovare rime e strofe orecchiabili che possano raccontarlo.
Il mondo è molto più vasto, penso, e a dimostrarlo ci sono uomini che tutti i giorni vivono e lavorano in città e paesi lontani, magari alla fine del mondo.
Nel mondo di oggi però ci sono occhi dappertutto; ecco perché, dopo aver scoperto che sotto la linea dell’Equatore gli uomini non camminano a testa in giù, è nata una rete fitta e indistruttibile capace di ridurre distanze che sembravano incolmabili e incalcolabili. Questa rete è ricca di finestre: una di queste si chiama Instagram. Li ho scoperto che nella moderna, efficiente, lontanissima Melbourne vive un barbiere.
Non uno qualsiasi perché lo chiamano street barber: è il barbiere di strada che un giorno alla settimana si allontana dai saloni e dalle belle donne che vogliono diventare ancora più belle. Dal bel mondo che esiste anche li, laddove il Polo Sud è molto più vicino del Polo Nord.
Il barbiere si chiama Nasir. Ha la barba, si, e i tatuaggi che però non sono meri dettagli estetici, in grado di rendere il suo aspetto maturo o magari intrigante. Consolidano l’idea che il giovanissimo Nasir abbia davvero vissuto più di una vita.
Nel mondo sconfinato lo scenario perfetto non può essere più la bella piazza di Siviglia. Non sarebbe credibile e forse nemmeno sufficientemente esotico: Nasir ha ventisei anni e ha vissuto in tre continenti, conosciuto migliaia di persone, visitato centinaia di luoghi.
Un mondo sconfinato che però corre velocissimo: a differenza di Figaro Nasir, nato in Giappone e cresciuto in Canada, non dava piacere e non cantava che bella vita: nella sua vita precedente si affannava a rincorrere il piacere in una pista di polvere bianca: un addicted – un tossicodipendente – un drogato che aveva scelto come compagni pasticche e oppiacei.
Nel momento in cui indica la cocaina come amante prediletta, il cuore e il cervello pulsano ancora; tuttavia Nasir – non ancora il barbiere di strada – fatica nello stare dietro a quel mondo che è sempre un passo avanti e che tuttavia ai suoi occhi sembra correre a vuoto.
Poco male, non ci sono sogni e tutt’intorno ogni cosa sembra essere fatta di solo buio.
23 marzo 2012. Nasir riapre gli occhi e rinasce: ha scelto di abbandonare vecchie strade e compagnie. Intanto sua madre e suo fratello, coloro che lo amano di più al mondo, sono disposti ad aiutarlo in qualsiasi modo. Nasir ha infatti stabilito che vuole darci un taglio: vuole ricominciare come barbiere.
Nonostante all’anagrafe risulti che abbia poco più di vent’anni, per lui è tempo di passare a una nuova stagione.
Forse il destino sorride davvero quando sulla sua strada giunge Summer – mai nome fu più appropriato – proprietaria di un salone che crede in lui. Gli fa dono di un paio di forbici e quindi non sono le gentili e romantiche corde di una chitarra andalusa a dare il la: le note giuste arrivano quando nell’aria risuona un rumore metallico, chiaro, netto, inconfondibile.
Un nuovo giorno e un nuovo futuro: il cordone ombelicale è stato reciso di nuovo.
Due anni dopo c’è qualcuno alla finestra. L’uomo al suo cospetto sta pulendo i vetri: Come nella classica formula magica, Nasir all’inizio vuole vederlo meglio, ma poi decide di ascoltarlo. Scopre che le loro storie sono simili: l’uomo che fa le pulizie da un mese ha smesso di drogarsi e vuole ripulire il suo corpo e la sua mente. Basta un attimo e ancora per magia – penso – il barbiere di Melbourne si trasforma nel barbiere di strada che ho conosciuto per caso e da qualche giorno seguo su Instagram.
L’uomo che pulisce i vetri ha i capelli sporchi. I suoi dreadlocks hanno bisogno di un taglio netto, perché oltre alla chioma c’è qualcosa da scrollare in gran fretta. Il risultato è soddisfacente, ma dinanzi alla sua nuova immagine l’uomo con un passato da eroinomane scoppia in lacrime.
Nasir lo osserva guardarsi attraverso lo specchio e quel riflesso gli regala un’immagine altrettanto chiara e lampante: il suo domani è già iniziato e lo porterà in strada.
Per raggiungere gli ultimi non come semplice testimone o per fare apostolato, bensì per essere al loro servizio.
Nasir, come tanti altri, li chiama homeless: non hanno un tetto e sono senza casa. Ma all’improvviso il barbiere di strada è di nuovo un fiume in piena inarrestabile: entusiasta e motivato, racconta storie di altri voiceless. Uomini e donne senza voce e non perché siano diventati improvvisamente muti, ma perché dall’altro lato resiste una schiera di sordi.
Ma quando Li definisce faceless, esseri senza viso, Nasir dimostra che le cose spesso non accadono per caso.
Forse per questo a molti non viene in mente di porgere l’altra guancia, ma Nasir in realtà richiama quella paura di guardarsi senza filtri e che va affrontata. Preludio alla riscoperta dell’amore per se stessi che è il primo passo per tornare a sentirsi parte del mondo.
Come è stato per lui o per l’uomo con i dreadlocks.
Il contatto ravvicinato è la cosa più importante. Nasir lo dice consapevole di essere il primo, l’unico a regalare dopo tanto tempo un momento intimo e piacevole a chi è stato dimenticato da tutti. Il barbiere di Melbourne non impersona, ma è il barbiere di strada che ha fatto una scommessa ben più difficile rispetto a Figaro, che si adatta a dar piacere: dimostrare che non solo resiste la speranza, ma esiste la possibilità di tornare a vivere.
Quando è in strada, nessuno infila banconote nelle sue tasche, figurarsi i dobloni. Per buona pace di Figaro.
Bravo bravissimo No, non è il caso di scriverlo e nemmeno cantarlo. Del resto, nella vita di tutti i giorni, stonare non è la cosa peggiore che possa capitare a un essere umano.
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