Quel gol tanto atteso
Ci sono partite che finiscono con un pareggio, frutto di uno zero a zero sbiadito. Mi sono sempre detto che anche per la vita è così. Molte giornate si concludono senza gol e tu non puoi farci nulla: porti a casa il minimo punteggio possibile e attendi che la palla torni al centro nei giorni a seguire. Sei costretto a vivere quelle giornate con zero pubblico sugli spalti, ma poco importa: se non sei riuscito a segnare te ne fai una ragione e non puoi dare la colpa a nessuno.
Ci sono partite che si concludono con un pareggio e sono in realtà partite perse per sempre, più di sconfitte che insegnano, più di vittorie che glorificano: sono partite perse per sempre perché anche la mente del vero tifoso le lascia andar via definitivamente, perché non ha senso trattenerne il ricordo.
Ci sono partite dove le due squadre avversarie non escono né vinte, né trionfanti: anche il Totocalcio buonanima marchiava quelle gare con una X e non c’era modo di dare a quella lettera un’anima: detto diversamente, la partita può essere stata bella, ma in fin dei conti sono il dolce gusto della vittoria e il sapore amaro della sconfitta a dare un senso a tutto.
Più scrivo e più mi convinco che forse quella X era giusta per la maggior parte dei pareggi, ma non in tutti. Ferraris è il nome di uno stadio famoso e il tifoso attento ha già associato questo nome a Genova: Guglielmo ha quel cognome e gioca a calcio, nel capoluogo ligure. Non è un rossoblù e non è un blucerchiato.
Milita invece nell’A.S.D CaDeRissi, una squadra di quartiere come tante altre, impegnata nel torneo di allievi provinciali girone A. E’ una domenica come le altre, quando scende in campo contro la formazione dell’Oregina. Ad un certo punto, grazie ad un cross dalla sinistra, la palla arriva nell’area avversaria: Guglielmo salta – magari anche più in alto di tutti – e segna.
E’ un gol che come tanti altri può significare una vittoria sicuramente importante ai fini della classifica. Guglielmo però non ha tempo di esultare: inizia a correre, ma la sua corsa non è verso i compagni di squadra, Questo ragazzo di sedici anni corre verso il direttore di gara che è già a centro campo.
“No, scusi, ho segnato di mano” – gli dice.
Siamo sullo zero a zero, il tocco irregolare c’è stato e lui candidamente, lo ha ammesso. Ferraris non potrebbe essere più giovane considerato il suo viso che non ha ancora una fisionomia, considerati i suoi sedici anni. Ma è fresco e le sue idee trasudano freschezza e candore, pretendo che quel gol venga annullato, tra gli applausi dei presenti.
Già, quel gol annullato mette pace più di quanto non riesca a fare un normale, normalissimo pareggio che molto spesso – dicono – equivale a un risultato che mette d’accordo tutti.
La partita A.S.D CaDeRissi – Oregina finisce in parità, ma non è destinata a finire nell’oblio. Sarebbe successo in caso di vittoria, se Guglielmo avesse segnato di testa.
Forse quel match lo avrebbe dimenticato anche il suo stesso protagonista, troppo giovane per rinunciare ad esperienze più interessanti e clamorose, a gare più stimolanti e meritevoli di finire stipate nel bagaglio dei ricordi.
Invece in una domenica qualunque, in un comune campo di calcio, bastano pochi secondi e poche parole. Tutte le migliori speranze si condensano in quel rettangolo di gioco, dove un sedicenne dalla chioma folta e dal buon palleggio sussurra parole capaci di cambiare il verso di una gara.
La partita non è persa – penso – è ancora tutta da giocare. In questo mondo social, 2.0, interattivo, che spesso riduco ad un isolotto alla deriva, un sedicenne che non conoscevo e non conosco, incarna lo studente che ammette di aver copiato, il politico che riconosce di aver sbagliato, l’insegnante che candidamente confessa di non avere sempre una risposta.
Guglielmo regala ai compagni il miglior esempio: il suo è un colpo di testa mancato, anzi un gol annullato che è in realtà un gol ad effetto. Frutto di un salto in area non perfettamente riuscito, ma sufficiente per un salto indietro nel tempo, esattamente al 18 novembre 2009.
Saint Denis stracolmo, i bleus francesi chiamati ad affrontare una gara faccia a faccia – pardon vis-à-vis – contro l’Irlanda. Il gol degli ospiti li condanna ai supplementari perché una sconfitta a quei livelli è sempre roba seria, pena l’esclusione dai mondiali del Sudafrica. Thierry Henry è il miglior marcatore di sempre della sua nazionale, ma non quella sera. Passa il pallone con la mano a Gallas, permettendo al compagno di segnare il gol del pareggio. Henry tace, il Saint Denis è in delirio.
Come lo stadio Azteca di Città del Messico, il 22 giugno 1986: il più forte di tutti segna un gol, che nessun tifoso in nessuna parte del mondo può dimenticare.
Lo realizza con un “poco de cabeza y otro poco con la mano”: un ritornello che andrebbe bene per un ballo di gruppo, ma che non si sposa con le regole del calcio. Eppure Diego Armando Maradona, il più forte di tutti i tempi, descrive così il primo dei due gol segnati in quel quarto di finale contro l’odiata, odiatissima Inghilterra, nemica della sua Argentina nella guerra combattuta per il possesso delle isole Falklands – o Malvinas, una guerra pure sul nome – e persa soltanto pochi anni prima.
Fu la mano di Dio a ripagare un popolo, ma forse anche Dio rimase a guardare quando cinque minuti dopo arrivò quel secondo gol. Proprio quello del secolo, fatto tutto e solo con i piedi, anticipando e smarcando tutti, pure il portiere inglese Shilton.
Difficilissimo fare un parallelo tra Guglielmo e i due illustri e indiscussi campioni, arduo solo ipotizzare cosa avrebbe fatto lui, la quintessenza della sportività, con tutta quella pressione addosso.
Nonostante il cognome faciliti una benché minima associazione, immaginare ragazzi come Guglielmo Ferraris in stadi come il Saint Denis o l’Atzeca non è ancora impresa facile.
Ma lui, sedicenne dalla chioma folta, ha ancora il diritto di fantasticare su un futuro da campione. Forse non arriverà il gol del secolo, ma poco importa: quel gol annullato in una domenica qualunque, è riuscito a strappare gli applausi del pubblico, a riaccendere l’entusiasmo di sostenitori e avversari.
Un’impresa non riuscita nemmeno al gol del secolo, ardua persino per il campione dei campioni. Nonostante la mano tesa de Dios.
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