Per chi suona la campanella

Sulla bancarella di Paola le campanelle sono disposte in fila una accanto all’altra. Ci sono quelle traforate, quelle decorate a fascia e con le scritte; la distanza sembra essere stata calcolata al millimetro. Una sorta di suggerimento discreto, ma inequivocabile, che ti invita a non toccare. I prezzi sono indicati a chiare cifre e variano in base alle dimensioni. E’ il primissimo pomeriggio di una giornata di fine agosto calda e piena di sole, ma lei è già pronta ad accogliere i clienti.

Migliaia di campanelle pronte a suonare, ancora una volta. E’ il 31 agosto ed a Lanciano non potrebbe essere diversamente. La campanella è un dono fatto esclusivamente per amore, dicono, un simbolo che secondo la tradizione rinsalda un legame tra due innamorati.

Ma oggi la campanella non suona più soltanto per loro. Nient’affatto. La campanella diventa oggetto pop, iconico, ed è per questo che anche qui, dipinta sulla terracotta, trovi Peppa Pig rosa e sorridente come l’iconografia richiede.

In Piazza plebiscito a quest’ora il sole picchia duro, ma è un buon compromesso se vuoi davvero scegliere tra i tanti stand in assoluta tranquillità.

«Ti dico che le ho già regalato la campanella di Peppa». La signora al mio fianco rimprovera il marito: lo accusa di non ricordare niente come al solito e quindi gli intima di lasciar perdere. Si rivolge ad un’amica non distante dicendo che la scelta della campanella per la nipotina sta consumando tutte le sue energie.

Oggi, nel giorno in cui la tradizione si rinnova perché attraverso un semplice gesto si rinnovi l’amore, questa nonna bionda e in forma, fasciata da jeans e occhiali da sole da urlo, dimostra di conoscere e riconoscere a menadito le icone delle ragazzine, da Violetta a Elsa di Frozen.

  Il marito, intanto, non demorde. Mi sembrava annoiato, ma forse ha approfittato del temporaneo calo di attenzione della sua dolce metà e si fionda sulle campanelle esposte con rinnovato spirito.

Non sa che lo sforzo sarà vano.

«Ha già tutto delle Winx» L’avvertimento è chiaro; grazie agli occhiali lei non rivela apertamente il suo sguardo. Sa benissimo che a lui non serve guardarla negli occhi: lui avrà imparato a scrutarli  attraverso quelle lenti scure, penso. Tuttavia esita un tantino prima di deporre l’oggetto nelle sue mani, quel simbolo d’amore diventato arma contesa tra questi coniugi ultrasessantenni e in gran forma.

La tradizione resiste in qualche modo, l’amore, forse, ha già dato.

Devo ripararmi dal sole e mi imbatto in una mia conoscente: regalerà la campanella alla sua migliore amica come ogni anno. In passato, in occasione di questa ricorrenza, avrebbe ricevuto un cesto di vimini con ago e filo dal suo amato. Oggi le donne ben oltre i trenta possono permettersi di lasciare il proprio compagno ed essere single. Inoltre le donne lavorano, non hanno tempo per cucire. Si può anche perdere l’amore per strada al giorno d’oggi e ammettere pubblicamente:

Una campanella in meno da comprare quest’anno.

Il commento non lascia spazio a dubbi, cosi come il sorriso che l’accompagna. Dunque la sua storia è davvero finita.

La tradizione si rinnova in nome dell’amicizia, nel caso specifico, e può bastare.

Chi è pronto alla vendita spera che si rinnovino anche le entrate. Lo auguro a questi uomini e donne che si danno da fare ed estraggono da centinaia di cartoni campanelle e merci di ogni tipo. Ma ci sono anche donne che si prendono una pausa: in un angolo di corso Trento e trieste c’è l’ombra, anche se sono passate da poco le tre del pomeriggio.

La luce è perfetta per un selfie ineccepibile e di giornata: le due giovani venditrici al mio cospetto si abbracciano come fossero sorelle e aspettano un po’ prima di fare lo scatto decisivo. Non le conosco e loro mi ignorano, certe che non comprerò nessuna campanella.

Del resto la loro foto deve fare il giro di tutti i social possibili, cosi che il mondo là fuori possa notarla.

La tradizione attira, ma il mondo, anche nella mia città e in strade cosi famigliari, è cambiato.

Riscopro una cosa tanto ovvia nel momento in cui non capisco la lingua di chi è al di là della barricata, pardon bancarella.

Quando ero piccolo questa era la festa del giocattolo e avrei scrutato uomini e donne venuti da paesi lontani senza curarmene affatto. L’importante era afferrare l’oggetto del desiderio e assicurarsi la promessa di strappare un gelato e un palloncino a fine serata.

A trentatré anni, dopo aver studiato un po’, ho la fortuna di conoscere quattro lingue: eppure in questa momento nessuna mi è utile. Tanti anni di studio e tanti libri sono vani, ma ho occhi ed orecchie come tutti e posso tentare di capire.

Non è un artigiano, bensì un commerciante. Davanti ai miei occhi ho un mio coetaneo che potrebbe chiamarsi Yoosuf, Kamal o Hussein e sta parlando con la moglie. Nonostante la brezza l’hijab di questa donna molto giovane non si muove e copre i capelli. Il velo color carta da zucchero esalta gli occhi scuri ed è delicato come la voce di colei che potrebbe chiamarsi Aamal, Ranyia o Fareeda. Non mette a tacere il marito, non come la signora incontrata in piazza, ma a mio avviso non le interessa: i suoi occhi sono chiaramente per i figli.

Il maschio, il più grande, è in piedi e spia la sorella che ha in mano un tablet vero e che non assomiglia al learn pad di plastica venduto da suo padre.

Lo trovi accatastato insieme a tanti altri giocattoli confezionati e made in Taiwan sparsi sulla bancarella se non sull’asfalto.

Dai gesti intuisco che sta dicendo alla moglie di sistemarli meglio. Sono molto più giovani della coppia incontrata poco prima: tuttavia sospetto che anche loro non intendano acquistare campanelle da donare all’altro. Intanto la bambina tiene testa e non cede alle pressioni del fratello. La voglia di afferrare l’oggetto del desiderio accomuna il bambino che ero un tempo a questo bambino non distante e che viene da un paese lontano.

E’ tutto diverso, ma il giorno è lo stesso: lontano dalla sua terra di origine, lui appartiene a queste strade e respira l’aria di festa. Almeno oggi.

Proprio nella giornata delle campanelle traforate, lavorate a mano o decorate in mille modi, frutto dell’opera di artigiani abili e creativi che per alcune ore tornano ad affollare piazze e strade.

La tradizione rinasce per merito loro, ma si risveglia anche grazie ai ricordi. Per me non è più la festa del giocattolo che attendevo con ansia, ci sono altri bambini da accontentare e le priorità cambiano. Tuttavia non mi servono nemmeno le spazzole per tergicristalli vendute poco oltre, nonostante il cartello indichi l’offerta speciale. Non ho necessità di cambiarle, non ora almeno, perché ci vedo ancora bene.

Intanto l’unica campanella che ho preso in mano suona per un solo secondo: quanto basta per un viaggio nel tempo.

Di andata e ritorno, si intende.

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