Un’onda per tutti

Tancredi non è come me: ha dodici anni, ha i capelli biondi, vive a Washington D.C. Tuttavia, la vita non smette mai di stupirti e ti invita a cogliere l’occasione per prendere esempio da chi, come lui, ha l’età che potrebbe avere mio figlio se a venticinque anni avessi deciso di metterne al mondo uno.

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La lezione di Pedro

A Malta c’è un negozio particolare. Più che il suo proprietario, il signor Dominic Anastasi parla e lavora come se fosse il custode di una fortezza che si può visitare, ma non espugnare. Dominic è il custode geloso del suo tesoro nell’isola in mezzo al Mediterraneo, dove nei fine settimana del mese di aprile centinaia di appassionati si radunano per le strade al grido – onnipresente in tutte le lingue – “ce l’ho, mi manca”.

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Dicono – e scrivono – loro

Mio nipote ha sette anni. Per quanto io tenga lui e sua sorella al centro del mio mondo, ogni tanto mi capita di osservarlo ed ascoltarlo come se fossi appena arrivato da un altro pianeta. Sono momenti fugaci, occasioni nelle quali centinaia di pensieri affollano la mia mente, pronte a consolidarsi e cristallizzarsi dando forma ad aspettative e – meglio non nasconderlo – piccole, doverose ansie su un presente in divenire.

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Lettera al padre ( e alla madre )

Al di là della celebre lettera al padre scritta da Kafka, c’è una lettera al padre che ha stupito tutti e che viene dal mondo del calcio. Leggendola si ha la sensazione che a scriverla sia stato un giovane, giovanissimo calciatore deciso ad affrontare il padre, reo di aver ingiuriato l’arbitro durante l’ultima gara disputata. L’ignoto autore si lancia nella difesa di quest’ultimo, ma riesce nell’impresa di non accusare il destinatario del suo messaggio: il figlio vuole solo che il padre capisca e comprenda quanto sia importante il risultato mancato per un ragazzino che deve ancora formarsi.

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Anche i dinosauri hanno un’anima

Il mio amico F. mi propone Lezioni di Sogni, film del 2011 incentrato sulla figura del Prof. Koch. Per aprire e chiudere il discorso, basterebbe specificare che Koch è stato più di un insegnante. Figura chiave nella storia dello sport, pioniere del calcio in Germania, Konrad è l’uomo vissuto tra il 1846 e il 1911 che ha insegnato il football ai suoi studenti nel prestigioso istituto Martino Katharineum di Braunschweig, Bassa Sassonia. Prima che il pallone mettesse le ali e si dirigesse in tutte le direzioni, virando anche verso Nord, planando e atterrando anche su Amburgo.

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Cara gente d’Abruzzo

Mia nonna non si fermava mai: qualsiasi cosa doveva prendere forma sotto le sue mani. Grazie ad una foto che le scattai istintivamente anni fa, posso rivederla in ogni momento sfiorare la chitarra con la sfoglia per poi riprendere il lavoro con forza e vigore. Instancabile, all season, d’inverno come d’estate. Ricordo ancora il movimento delle sue mani: amavo fissarle perché mi dimostravano quanto avesse lavorato, quanto avesse dato a chi l’aveva conosciuta.

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Meraviglie dall’isola che c’è

Piero Ciampi sosteneva che una città può diventare un’isola, capace di raccogliere il mondo intero. Questa frase tenta di riassumere una lezione domenicale appresa per caso in un programma televisivo. Ciampi era cantautore che “cantava” e amava gli ultimi, definizione che non abbraccia necessariamente i soliti invisibili, coloro che tentano di sopravvivere nelle sterminate periferie di una città da terzo mondo.

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In un mondo a testa in giù

“Chi salva una vita, salva il mondo intero”. Questo verso del Talmud mi è stato tramandato nell’età in cui era più giusto che io ascoltassi e prendessi nota di parole che resistono nei millenni. Avevo sedici anni, quella sera di maggio, quando vidi con tutta la mia famiglia – per la prima volta – Schindler’s List. Per chi ha visto il film, per chi conosce la storia, è superfluo aggiungere altro. A chi non la conoscesse consiglio vivamente di approfondire. Chi non fosse interessato, non sarà nemmeno interessato alle righe che seguono.

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Voglio vivere così, a 90 anni.

C’è una donna che al presente risveglia un’immagine del passato: Ho sei anni, forse sette. Mi trovo davanti a una bambola cui non so dare un nome. Rivedo mia sorella che si avvicina a grandi passi. Ha troppa fretta di farmi sapere che lei sa darle un nome. “E’ una matrioska – asserisce dall’alto della sua sapienza di bambina di otto anni – lo ha detto mamma”. Di fronte, la bambola di legno mi fissa e non proferisce parola.

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Tutti i gol del Presidente

Zvonimir Boban non riesce a trattenere una risata, che tradisce ancora un pizzico di incredulità di fronte a qualcosa che difficilmente dimenticherà. E’ un giocatore del Milan da qualche anno, un protagonista assoluto ogni volta che scende in campo. Eppure una volta anche lui è stato – per pochi, interminabili secondi – uno spettatore qualsiasi. Proprio come il pubblico sugli spalti, come l’arbitro, come i giocatori del Verona, come me: tutti estasiati dalla cavalcata di George Weah che nella prima giornata di campionato 1996/1997 segna il 3-1 smarcando gli avversari tramortiti al suo cospetto.

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