Nell’antica cereria De Rosa la fiamma è ancora viva

Ci sono forme e colori che riconosco immediatamente, ma nel giro di un paio di minuti percepisco nell’aria qualcosa che non riesco a definire. Niente di estraneo, piuttosto qualcosa di sconosciuto e affascinante. Una consapevolezza che matura pian piano e rapisce, non appena metto piede all’interno dell’Antica Cereria Eredi Cavalier De Rosa.

Non solo Storia. Per anni la cereria ai miei occhi è stata un edificio storico a pochi metri dalla suggestiva Fonte del Borgo nel centro di Lanciano.

Esattamente dal 1889, quando Luigi De Rosa impianta la prima bottega nel quartiere Borgo. Poi tocca a suo figlio Vincenzo, che nel 1918 diventa Padrone di Bottega artigiana.

“Mio nonno è stato insignito del titolo di Cavaliere del Lavoro nel 1982, qualche anno prima di lasciarci. In un giorno qualunque, prima di aprire le porte della sua bottega”.

Oggi ci sono io.  A  rivelarlo è colui che mi accoglie. Colui che con autentica passione e straordinaria costanza porta avanti lo spirito – oltre al lavoro – della sua famiglia.

E’ primo pomeriggio. In quest’ultimo scorcio di novembre il cielo è cupo, contrasta con gli occhi di Vincenzo De Rosa, che invece si muovono vivaci e catturano immagini vive del passato. Ma soprattutto tutto quello che c’è intorno: candele, di tutti i tipi, a profusione.

“ In questi ultimi anni abbiamo allargato ulteriormente la produzione, ampliando la vasta gamma di forme e colori già presenti”

( servizio fotografico completo a cura di Giancarlo Bomba. Tutti i diritti riservati )

Il lavoro è mio, il prodotto è vostro In teoria questo tempo appartiene anche a me, ma una volta varcata la soglia sento che per un paio di ore non sarà cosi. Vincenzo è accanto ad una candela colorata e preparata per la celebrazione dell’Avvento: è una delle tantissime candele colorate prodotte negli ultimi anni e che nascono grazie alle sue abili mani.

Ci muoviamo subito. Dopo un momento di riflessione, suggerito forse dal tipico colore viola, l’atmosfera si rivitalizza grazie alle candele natalizie create per rendere vivaci e allegre le nostre tavole.

 “Le materie prime sono fondamentali: qui si possono trovare macchinari costosi, ovviamente Made in Italy. Ma anche stampi che permettono di concepire e produrre candele personalizzate, per ogni esigenza e ogni occasione”

Mi viene in mente il Natale e non potrebbe essere altrimenti, ma la produzione non si arresta mai, tocca forse il suo apice nel periodo dell’anno in cui luce e calore sono ancora più necessari.

“Napoli vanta una tradizione secolare per quanto concerne la produzione di lumini, ma noi cerchiamo di tener testa in fatto di numeri e qualità producendoli in loco, con un macchinario a due stampi riscaldati. ”

La creatività partenopea ha travalicato non solo i confini, ma anche le generazioni: il trisavolo di Vincenzo, che non si lasciò travolgere dall’inarrestabile galoppata di Garibaldi, cominciò proprio li la sua avventura, influenzando le scelte di vita dei suoi successori. Un destino annunciato, a quanto pare:

“Guardandomi mio nonno disse che avrei portato avanti quest’attività. Che sarei stato l’unico, tra i nipoti. Forse perché porto il suo nome” aggiunge, scherzando.

La giostra. Se non ci fosse però Vincenzo, mio coetaneo davvero instancabile, non coglierei pienamente la meraviglia del macchinario che mi trovo davanti. Lui la chiama semplicemente giostra:

 E’imponente, ma questa giostra non viene impiegata per giocare: serve a realizzare candele.

Siamo nel 2015, questo macchinario esiste e resiste. E’ il sistema più antico nel metodo di immersione: cosi, partendo dal filo, pardon dallo stoppino – rigorosamente in fibra naturale e indurito da un’apposita macchina – ogni singolo cestello viene immerso in una vasca contenente cera calda, con temperatura che in media non supera gli ottanta gradi. La giostra tiene in alto dodici cestelli e su ciascuno sono allineati stoppini su tre file. Vengono fatti scendere manualmente, ma una singola immersione non basta.

( servizio fotografico completo a cura di Giancarlo Bomba. Tutti i diritti riservati )

“Ne sono necessarie sette – assicura Vincenzo – perché il ciclo di assorbimento sia completo. Non si tratta di un metodo inventato da noi, ma comunque si tratta di un metodo esclusivo: siamo gli unici che producono centinaia di candele l’ora assecondando e valorizzando allo stesso tempo una tradizione secolare e così affascinante.”

Nell’attesa l’acqua bolle.. Queste candele non sono ancora finite, ma comunque suggeriscono la luce che dà vero calore. Percepibile in questa stanza umida e piuttosto fredda, anche grazie all’acqua calda che bolle sotto lo spesso strato di cera che sta per essere rimosso dalla macchina alle mie spalle. Accanto a quella che ha tutte le sembianze di un’enorme vasca, Vincenzo porta a termine ogni passaggio con estrema precisione e attenzione.

Sta infatti tirando giù le candele perché vengano livellate, pardon segate ad entrambe le estremità: sono disposte in fila, intrecciate al telaio grazie alle sue abili mani.

Vincenzo osserva scrupolosamente i lati perché l’immersione sia uniforme: cerco di rispettare con il silenzio il suo lavoro e la concentrazione, immancabile, nonostante l’esperienza e la sapienza acquisite sul campo. A causa della passione per il proprio lavoro, anche oggi l’attesa è papabile e pressante e soltanto  quando le candele vengono tirate su e finalmente riemergono dall’acqua, scopriamo che la cera è stata segata in modo uniforme.

( servizio fotografico completo a cura di Giancarlo Bomba. Tutti i diritti riservati )

Lo stesso procedimento verrà ripetuto con l’altra estremità, rovesciando il telaio. Già, l’acqua calda ha anche questo potere.

Ieri, oggi, e….Il bianco delle candele a volte è opaco, a volte translucido: merito della combinazione perfetta tra cera d’api – alla quale la cereria De Rosa non sa rinunciare – e la paraffina.

“Molto spesso usiamo quella russa, la migliore. Embargo di Putin permettendo”

Questa contaminazione di materiali è in realtà processo inevitabile, perché passato e presente qui si incrociano continuamente, ogni qualvolta sembra possibile.

Del resto questo locale un tempo apparteneva ai frati benedettini, prima di essere requisito dalle autorità in epoca napoleonica. Vincenzo lo ricorda mentre indica il macchinario che già da oggi, in questo ultimo scorcio di novembre, serve a produrre ceri pasquali.

Qui la cera viene calata più volte, ad intervalli regolari di venti minuti, in grossi stampi a forma tubolare. E’ necessario invece riempire gli stampi con costanza, perché le misure del cero risultino perfette.”

Ma non si tratta solo di questo. Il pericolo c’è ed è costante: bisogna evitare le bolle provocate da eccesso di ossigeno all’interno

“La produzione di ceri pasquali è recente, ma le difficoltà di fronte all’uso del macchinario o dell’intero procedimento non hanno svilito il desiderio di fare qualcosa di diverso, che sentissi totalmente mio”

( servizio fotografico completo a cura di Giancarlo Bomba. Tutti i diritti riservati )

Volli fortissimamente volli. Vincenzo ha imparato guardando suo padre Alessandro, ma non si è accontentato e ha voluto introdurre qualcosa di nuovo.

“I segreti del lavoro sono stati tramandati cosi, di generazione in generazione. Ho dovuto osservare per capire, lavorare e addirittura sperimentare. Mio nonno non ha lasciato nulla di scritto”

Nessun libro, nessun ricettario, ma paradossalmente quello che risulta essere l’ingrediente mancante si rivela fondamentale: Vincenzo ne ha tratto lo stimolo necessario per introdurre delle novità, sperimentare nel pieno rispetto della tradizione e soprattutto del lavoro di anni.

Anzi, di qualche secolo. Ecco perché di fronte o piuttosto ai lati delle candele per ogni occasione, spiccano ora i tortiglioni, che prendono il nome dalla forma che i ceri, realizzati grazie a un nuovo compressore, assumono.

“Il cliente può acquistarli direttamente qui come nei negozi che riforniamo: da un paio d’anni non ci siamo posti limiti alla produzione di nuove forme e nuovi colori”

Di fronte all’entusiasmo che si rinnova, soltanto la temperatura sembra essere una costante, tanto che la produzione non si arresta nemmeno nei mesi estivi e nelle giornate più afose.

( servizio fotografico completo a cura di Giancarlo Bomba. Tutti i diritti riservati )

Sacro e profano. L’attenzione della famiglia De Rosa ha sposato per anni l’antica e secolare tradizione religiosa. Gambe, teste, braccia, seni. Sono state realizzate proprio qui, su commissione dei fedeli che le offrivano in voto. Ci sono tutti. Da piccolo catturavano la mia attenzione ogni volta che entravo nella chiesa di S. Rocco a Lanciano.

Buio e luce Sembra esserci più luce nel negozio al piano di sopra, preposto alla vendita, di oggetti e paramenti sacri nella città del Miracolo eucaristico. Ma è forse un’illusione, effimera come la fiamma che sembra viva e muore un secondo dopo. Un’illusione bucata grazie al riflesso che credo di aver colto: quello del lavoro duro e creativo, che ha alimentato una fiamma che non si è mai spenta e ha permesso a più destini di incrociarsi in tempi diversi.

Alle stagioni che spesso riconosciamo soltanto grazie all’alternarsi di buio e luce.

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