L’ultima ora del giorno
Ho messo da parte questa storia, forse con la stessa pazienza che accompagna la formica durante la raccolta delle provviste. Pigiando sulla tastiera trovo singolare che nei primissimi giorni d’autunno, io non sia riuscito ad imboccare una strada alternativa. Per una sola ragione o forse per un milione di ragioni diverse, non ho trovato storie migliori, per ricominciare a scrivere. Ho avuto in mente cento destinazioni diverse, ma sono tornato allo stesso punto. Lì, dove sta fermo Keith.
Guardandolo, è un signore che fa venire in mente un viale del tramonto imboccato da un bel pezzo. Non quello glamour di William Holden nel film omonimo: il suo viale del tramonto è lastricato di foglie in un autunno ormai avanzato.
E’ lontano anni luce dal mio e da quello che si apprestano a vivere come ogni anno tanti altri – penso – scandito dal ritorno al lavoro, alle responsabilità – quelle si messe da parte – che si ripresentano quando agosto ormai è alle spalle.
Del resto, Keith ha novantaquattro anni. Lui è un giudice in pensione e ha vissuto per sessantasei anni con la moglie Evy a Morris, in Minnesota.
Poi arriva il resto, quella vita che forse tu non avrai mai. E Cambia tutto. Keith ha amato Sua moglie Evy per gran parte della sua esistenza, ma questo non lo ha reso immune dall’inevitabile rito della separazione.
Prima o poi arriva per tutti e sua moglie Evy ha scelto un’altra stagione per andare via. L’ha fatto l’anno scorso, nel mese di aprile, nel periodo in cui la primavera combatte le proprie esitazioni, ma è in procinto di regalarti l’estate.
Eppure, anche se la primavera effettivamente stride e non si abbina alla vaga fisionomia e ai contorni del lutto, non ha magia sufficiente per cancellarlo. Keith si è ritrovato solo per la prima volta. Ha passato giornate intere a guardare le pareti di casa sua, convinto che non ci fosse nient’altro.
Vale per tanti altri, vale per tutti: durante i momenti più bui, i muri si riproducono a una velocità forsennata anche quando tenti di abbatterli. E non c’è Primavera, non c’è Estate che possa liberarti dalla trappola.
Il dolore di un altro è soltanto immaginabile, non si comprende mai fino in fondo. Tuttavia, ho sempre creduto che la regola dell’unicità non vale solo per i fiocchi di neve e per la loro magia.
Basta una lacrima a farti dire basta. Magari non sarà l’ultima: eppure esiste sempre quella che solca il viso perché segna un confine netto. Che divide tempi e stagioni anche quando credi di vivere nell’autunno proiettato inevitabilmente verso l’inverno senza ritorno.
L’autunno di Keith non è un autunno senza possibilità di scampo. Quest’anno una nuova primavera si è affacciata su un piccolo cortile del Midwest, curato e anonimo come quelli vicini. La primavera 2017 per Keith è stata diversa. E’ in questo frangente che rivela alla sua vicina Jessica – un tantino diffidente – il suo progetto.
Non fa in tempo a fare la promessa, che subito la realizza. Keith ha tre figli, ma non ha nipoti, ma vuole che la sua casa torni a vivere come la natura circostante dopo il disgelo.
Progetta e fa costruire una piscina. Approssimativamente, 10 metri per cinque, tre metri di profondità nel punto più alto. Misure che bastano a Morris, cittadina che non ha una piscina e non ha sbocchi sul mare.
Certo, i grandi laghi non sono lontanissimi, ma sicuramente non rappresentano la meta quotidiana per chi lavora e ha una casa da mandare avanti.
Il giudice torna a fare il suo lavoro e lo fa giudicando bene. Dallo scorso luglio, casa sua è piena di ragazzini che nuotano, giocano a pallavolo, ridacchiano. Non si presentano soli: nel giardino di Keith Davison c’è spazio anche per i loro genitori, per giovani adulti come che si godono l’estate e davanti ad una birra gelata credono – specie quando il sole è allo zenit – che l’estate duri per sempre.
Poi arriva il momento del tramonto, e le risate e le urla di ragazzini che hanno finalmente la loro piscina, si spengono. Quando tutti tornano a casa, Keith si alza dalla sua sedia in giardino. Si spoglia, si tuffa e si rilassa.
Forse gli basta sapere che l’indomani i bambini torneranno e che non sarà solo.
Keith però aspetta il tramonto per godersi la sua piscina. Quando è ancora estate, Keith si abbandona ad un momento che resta suo e non ha bisogno di altre parole.
La mia mente lo lascia proprio al tramonto, oggi, quando anche la mia estate volge al termine.
Probabilmente l’autunno di Keith sarà diverso, anche perché vive in Minnesota, lo stato americano più freddo di tutti, dove l’autunno strombazza l’inevitabile arrivo dell’inverno più precoce e più rigido.
Però Keith non se ne cura: scansa l’inverno che verrà con un progetto che sa di estate e di rinnovamento.
L’ultima ora del giorno è vicina, ma quest’ uomo d’altri tempi sa come guardare il sole che si avvia al tramonto. Magari con la mente rivolta a bambini che si divertono, i soli protagonisti credibili di un’estate che non finisce mai.
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