La mia vita è stata una danza

Vedo un bambino di sette anni che inizia a battere i piedi, pur stando seduto. E’ una visione fulminea che si è già interrotta. Sto salendo le scale che mi condurranno sul tetto dell’Hotel Excelsior e l’urgenza del presente mi invita a concentrarmi – con lo sguardo – su quel bambino che nel frattempo è cresciuto, è diventato padre e ha realizzato molti dei suoi sogni.

 Hong Kong mon amour. Quei sogni sono gli stessi che lo hanno visto eccellere nella danza: tra passi di valzer e tango, nei teatri e nei palazzetti di tutto il mondo, il tempo è scivolato via senza rimpianti.

Pietro Del Bello oggi ha 34 anni. Vive qui a Lanciano che è la sua città da sempre, ma è più popolare dall’altra parte del mondo.

Ad Hong Kong il suo nome è finito sui giornali, il suo volto è finito sugli autobus; in breve tempo è diventato estremamente popolare. “Tutto molto strano, considerando che nel mio vecchio condominio erano in pochi a sapere cosa facessi”ammette candidamente.

Pietro, frentano doc, è diventato un beniamino in Estremo Oriente perché insieme alla partner di danza Faye Hung ha rappresentato l’ex colonia britannica nei campionati mondiali di danze standard. Per  8 anni consecutivi Hong Kong si è classificata sempre nei primi sei posti, tagliando cosi traguardi insperati e inediti in una disciplina –  che a livello internazionale è nota come ballroom dance – tanto amata e seguita.

Tra i tanti successi Pietro e Faye sono riusciti ad ottenere un secondo posto nel torneo intercontinentale a Tapei, hanno vinto la medaglia di bronzo ai mondiali di specialità a Rimini nel 2013, prima di conquistare l’argento ai German Open Championship di Stoccarda l’anno seguente.

Sembra tutto facile, in questo tardo pomeriggio d’estate: ma all’improvviso le scale che abbiamo percorso insieme non sembrano più tante.

Tutto sembra essere avvenuto in un battito di ciglia – penso – o piuttosto in un battito d’ali

Forse a convincermi è il punto di arrivo che oggi ci accomuna e ci vede vicini: siamo sul tetto dell’Hotel Excelsior, sul punto più in alto dell’edificio più alto di tutti.

Entrambi siamo nati in questa città e tutto è riconoscibile, eppure ogni cosa ai nostri occhi si è trasformata: vedere tutto dall’alto – improvvisamente – rende più bello e intoccabile ciò che normalmente si vive e talvolta ti annoia laggiù. Ora che tutto è sfumato e appare diverso, sono pronto a quella corsa sulla macchina del tempo che si è materializzata in tutta fretta.

E’ il 1989. Pietro sta fissando una coppia di bambini che ballano. Ha sette anni, ma niente al mondo potrebbe convincerlo a distogliere lo sguardo: forse non lo sa, ma il suo futuro è a pochi passi.

I primi passi. Sono già passati due anni ed è un pomeriggio d’agosto. Pietro ha già smesso di giocare: preferisce avvicinarsi alla finestra fintanto che la musica continua a suonare e i suoi genitori ballano. I coniugi Del Bello stanno infatti provando i passi della mazurka, tuttavia qualcosa non torna.

“Mi sono avvicinato e ho detto: mamma, adesso ti faccio vedere come si fa”

In pochi minuti quel bambino che non ha ancora dieci anni persuade i genitori di essere nel giusto, eseguendo passi che a loro non vengono. Forse è l’unico a non sorprendersi più di tanto: in piena convinzione e autonomia, ha già deciso quale strada intraprendere.

Carnevale? I don’t know. Agli inizi degli anni novanta e con l’iscrizione alla scuola di ballo di Giovanni e Patrizia Paolucci in tasca, un giovane aspirante danzatore inizia a frequentare assiduamente le lezioni di ballo.

“Ho cominciato con il corso collettivo. Formativo, impegnativo, ma non mi bastava.”

Già consapevole del destino ormai tracciato, decide di prendere lezioni private e non mollare mai, nemmeno in occasioni particolari.

“Da quando ho dieci anni non ho festeggiato mai il Carnevale: il martedì per me era giorno di allenamento, specie in vista di competizioni importanti”.

Abbiamo la stessa età, viviamo nella stessa città e non ci siamo mai incontrati prima. Ma il nostro passato differisce profondamente per i sogni e le aspettative che entrambi abbiamo coltivato in età adolescenziale.

Ho comunque parcheggiato la macchina del tempo, un’improbabile DeLorean, identica a quella di Marty Mc Fly in Ritorno al Futuro: scontato che mi fermassi agli anni novanta, quando entrambi eravamo teenager. Da quassù e di ritorno al 2016, Pietro conferma che la consapevolezza del ragazzino di allora era roba seria.

Nel 1994 vince il primo campionato regionale e per i successivi nove anni partecipa ai diversi campionati nazionali.

Raccoglie consensi, si esibisce in teatri e palazzetti dove piovono gli applausi e i riconoscimenti. Lontano da casa consolida sogni e progetti, la certezza di continuare nonostante un’epoca stia effettivamente tramontando.

“Nel 2002, dopo dieci anni insieme, io e la mia partner di danza abbiamo deciso di interrompere la collaborazione. E’ stata una scelta condivisa, che si è rivelata decisiva”.

Arriva Faye. Dopo tanti tentativi, Pietro s’imbatte in una giovane ragazza di nazionalità cinese che vive in Canada, a Vancouver.

Il suo inglese non è eccelso, ma le sue parole e la sua passione per la danza convincono Faye Hung a fare una scelta radicale. Lascia casa e famiglia e si trasferisce qui, in Abruzzo, lontana anni luce da tutto il suo mondo proprio perché l’Italia rappresenta un’occasione importante per chi vuole raggiungere alti livelli nelle gare di danze standard.

“Abbiamo continuato la preparazione nella mia scuola a Fossacesia. Ma andando in giro continuamente era inevitabile che si aprissero, concretamente, nuovi orizzonti”.

Inevitabile che si spalanchino dunque porte e finestre della Dance Sport Academy del team Diablo, a Molinella, alle porte di Bologna.

Qui Pietro e Faye consolidano una preparazione agonistica secondo metodi più rigorosi, studiando diverse discipline per migliorare la propria condizione psico-fisica, utile ad affrontare estenuanti sessioni di allenamento e che durano ore.

Tutto questo per preparare cinque balli in vista delle gare: valzer inglese, tango, valzer viennese, slow fox trot e quick step. Mesi e mesi di allenamento per dare il massimo in quei due minuti previsti per ciascuna esibizione,  ma fondamentali per convincere giudici e pubblico.

Prima di essere scelti dalla federazione di Hong Kong e ripagare il sostegno incondizionato di un intero paese. E vivere pienamente un sogno diventato realtà.

Nessun rimpianto, nessun rimorso. Oggi quassù, dove tutto è silenzioso, Pietro non si perde in inutili recriminazioni e soprattutto, non menziona mai la parola sacrificio.

Non lo fa mai, se non quando con la mente e col cuore torna vivo il ricordo di suo padre – ex carabiniere – scomparso anni fa.

“Il suo stipendio sudato mi ha permesso di fare quello che volevo. Ma ad una condizione: ero obbligato a dare il massimo. Credo di aver ripagato con il massimo impegno la fiducia di mia madre e mio padre. Restano il mio primo, unico, grande sponsor”

 

Due anni fa Pietro ha lasciato il mondo che ha amato, mentre la sua partner Faye è tornata in Canada.

Lo squillo del suo smartphone ci riporta definitivamente nel 2016. Ci accorgiamo che è arrivata la sera e per Pietro è’il momento di tornare dalla moglie e dal figlio.

Per entrambi è infatti giunto il momento di scendere e tornare al presente, una volta giunti in strada.

In altre parole, il momento perfetto per salutarci e prendere la giusta direzione.

 ( Servizio fotografico a cura di Gianluca Scerni. Tutti i diritti riservati ). Special thanks to Hotel Excelsior per la collaborazione. Grazie infinite al Sig. Domenico Luciano per la cortesia e per la disponibilità riservateci in ogni fase del reportage.
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