La macchia rossa

Thunder. La voce di Brian Johnson, il front man degli AC/DC, è martellante come il riff di chitarra elettrica che accompagna tutta la canzone. Perfetta, penso, perché evoca il tuono che questo sabato squarcia il cielo azzurro sullo stadio Guido Biondi. La città assonnata del primo pomeriggio e che preferisce una placida ninna nanna sembra lontanissima; sugli spalti si suona il rock vero che rende ancora più frenetica la corsa dei tifosi rossoneri.

Muoviti è l’imperativo che invece spacca in due il mio cervello: una parte elabora le migliori maledizioni possibili contro il mio ennesimo ritardo mentre devo appellarmi a ciò che ne resta per canalizzare al meglio domande, osservazioni e curiosità. Ho appuntamento con un gruppo di tifosi della Virtus Lanciano e subito, al mio arrivo, mi rendo conto che non corro il rischio di sbagliarmi. Sono dall’altro lato della strada, in un bar vicinissimo alla curva sud e tutti loro indossano una maglia rossa.

Non c’entra niente il “Che” e loro non sono i Mille di Garibaldi. Ma oggi sono arrivate le nuove maglie ed è per questo che I Briganti frentani sono tutti compatti, monolitici e costituiscono un’unica macchia rossa indistinta. Poi si interrompe il silenzio – durato un solo istante – e sono già pronti a schierarsi con gli altri supporter della Virtus.

Questi tifosi rossoneri con la maglia rossa vivono questa vigilia dandosi un appuntamento,  come molti altri, seguendo il solito rituale. Quest’ultimo non intacca le emozioni, diverse dalla partita precedente.

Claudio è il primo a venirmi incontro, ma c’è un piccolo problema.

“Lo stemma doveva essere sulla manica, invece è sul retro. Creerà qualche piccolo fastidio”.

La sua osservazione mi sembra inevitabile, ma non è banale: il tifoso vero sa già che suderà, nei mesi a venire, perché con i primi caldi – oltre alla fragranza dei fiori – si percepisce il profumo dei primi inequivocabili verdetti. Claudio sa che suderà qui e nelle tante trasferte che lo aspettano. Recupera l’ottimismo ricordandomi che quello dei Briganti frentani è un gruppo giovane, nato ad inizio stagione. Poi mi presenta un suo amico e deve sentirsi ancora più ottimista.

Nicola, infatti, è più vecchio di lui.

Sci, so’ lu cchiu vecchie… “

Non avevo intenzione di interpellare l’ufficio anagrafe, anche perché è una lotta ad armi pari: tra i suoi compagni quasi tutti hanno finito le scuole da due decenni. Poi m’illumino e capisco che prima di una partita il tifoso non nasconde, ma ostenta l’età con orgoglio.

Nicola punta il dito verso la sciarpa dove la scritta CUCS 1985 è chiara anche al sottoscritto, leggermente miope.  Oggi si gioca contro il Latina e il nome della città pontina in terra frentana evoca il 18 maggio 1986. Un’occasione per ricordare l’aneddoto tra gli aneddoti, la sfida tra cugini di campagna e cugini di città: lo spareggio degli spareggi, la partita delle partite vinta contro il Chieti ai rigori e che sancì il ritorno in C2. Nicola, lu cchiu anziane come ripetono due compagni – però anche loro hanno finito le scuole da almeno due decadi – a Latina c’era e ha visto quello che invece io rivivo solo grazie ai ricordi altrui.

Un brigante onesto è un mio ideale, diceva Garibaldi. Appunto. Ma l’animo dei briganti è notoriamente inquieto e neanche questi briganti del terzo millennio fanno eccezione.

Intanto scopro che si sono arruolate anche le donne.

Manuela è un’impiegata amministrativa e non mi parla solo del suo amore per la Virtus: brigante, pasionaria o piuttosto partigiana, non saprei. Ma parla della sua città ovunque tanto da aver contagiato anche amici e conoscenti che vivono in altri posti.

“Una mia amica, originaria del Trentino, si è lasciata convincere ed è venuta a trovarmi. Non poteva non innamorarsi di queste zone”

Oggi è sabato, ma “Il countdown inizia il mercoledì” sentenzia – del resto è laureata in giurisprudenza. L’attesa dei briganti si sta consumando tra chewing gum e sigarette mentre ci dirigiamo verso lo stadio e per questo motivo quando l’arbitro – oggi viene da Genova – fischia il calcio d’inizio dà in realtà il morso decisivo. Quello che divora i minuti e le ore spese ad aspettare le ultime notizie, il recupero di alcuni giocatori, la formazione degli undici in campo.

Scalpita anche Mario, che non è lancianese, ma è qui sugli spalti del Biondi. E’un Brigante frentano come Fabio – oggi assente – originario di Rivisondoli.

Hanno il cuore rossonero, quello che palpita all’unisono quando appare lo striscione bianco nei primi minuti di gara. Campeggia il nome di Michele, scomparso due giorni prima dopo una lunga malattia.

A stenderlo con cura c’è anche Daniela, che non molla la presa fino al momento in cui lo striscione non viene ripiegato. E’ in curva, è tra i briganti, la osservo. Non è una tifosa last minute e per questo attendo l’intervallo per farle le domande che mi servono.

“Vengo da quando ero piccola, accompagnavo mio padre ed è naturale che sia qui oggi con loro.”

Lavora in fabbrica con Diomede, un altro brigante, e si concede le trasferte quando le è possibile. Mi conferma che i briganti non sono solo divertenti, ma anche dei veri gentlemen come ha avuto modo di constatare in trasferta, lontano dalle mura amiche.

Chi vuole le quote rosa sarebbe contento di questa macchia rossa: accanto a Daniela c’è un’altra donna, Barbara. Lavora in un centro commerciale e solo il turno del sabato la può tenere lontano dallo stadio. Ha sposato, ovviamente, un altro brigante.

“Sono venuta allo stadio con Giuseppe in occasione di Lanciano Giulianova nel 2002.”

Penso a quella partita che ci regalò i play off per la B nel primo anno di C1. Giuseppe anticipa quello che penso.

“Visto che porta bene, ho pensato fosse il caso di continuare a venire con lei..”

Giuseppe mi dice che nel suo DNA ci sono i geni del tifo rossonero. Saliva sugli spalti accompagnato da nonni e genitori; a Latina piangeva perché voleva la maglia dell’ala sinistra Ferro. Mi conferma che sua figlia Giada tra qualche mese farà il suo esordio sugli spalti.

“Se vuoi parlare con una persona seria…land’ perd’cussu“.

Saverio ha scherzato tutto il tempo e non ha certo intenzione di smettere ora.

Lo chiamano il Presidente perché lui ha dato vita a questo gruppo. Nel 1986 a Latina aveva tredici anni.

In questo frangente arriva la birra, ma qualcuno – sento dire con maggiore insistenza – non la gradisce.

C’è qualcuno che non beve la birra, in uno stadio. Mi volto con cautela e Fabio spegne la mia incredulità indicandomi Luca.

“Se po’ commentà quess, secondo te?”

Oltre alla birra è servito anche il perdono per l’incolpevole amico che ama la coca cola. Però Luca mi racconta che a Bari, oltre alle battute di Saverio, gli amici hanno avuto modo di apprezzare proprio la birra che Fabio produce personalmente.

“Mi sono unito a loro grazie a Giuseppe in occasione della trasferta di Pescara. Poi ho coinvolto un mio amico”

“…Bevo la birra che non beve lui. Tra briganti ci si deve aiutare” incalza Davide. L’ennesimo sacrificio che rende granitica un’amicizia che dura da anni e che continua anche qui sugli spalti, tra bandiere e divise Garibaldi style.

A proposito, I Briganti frentani non sono ancora mille, ma non si sa mai: il gruppo è aperto, prima però bisogna conoscersi.

Me lo ricorda anche Claudio nel momento in cui la bandiera, realizzata appositamente dalla ditta Tiravento grafica di Frosinone, viene ammainata con cura.

Lanciano Latina è finita in pareggio, grazie ai gol di Bidaoui e Piccolo. L’allenatore ospite Iuliano è stato espulso e contestato. I punti in classifica sono ora quarantasette.

Questa però è la cronaca di una gara e fortunatamente ce ne saranno altre. Vale anche per i Briganti frentani: il racconto di questa giornata resta un episodio, una parte della loro storia.

A proposito, io indossavo una felpa color amaranto. Ma per un po’ mi sono sentito Brigante anche io.

I Briganti Frentani: Angelo, Antonina, Barbara, Carlo, Claudio, Cristian, Davide, Daniela, Diomede, Eugenio, Fabio, Fabio R, Giuseppe, Luca, Luigi, Manuela, Mario, Massimo, Nadia, Nicola, Saverio, Sergio.
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