La diva e il Wi-Fi

Si chiamava Hedwig Eva Kiesler, quando nacque il 9 novembre 1914 a Döbling, diciannovesimo distretto di Vienna, elegante sobborgo circondato dalla grande foresta viennese che abbraccia ancora oggi la parte nord della città. Si potrebbe credere che la vita agiata di questa ragazzina sia destinata ad essere come tante altre, se non fosse che proprio quell’anno scoppia la prima guerra mondiale.

Cala il sipario sull’altra belle époque, quella squisitamente viennese – l’unica in grado di rivaleggiare con la belle époque parigina – sfondo per le opere di Freud e Schnitzler, Klimt e di Schiele. Un tramonto che vale oro, celebrato dalle penne di Musil e Roth, testamento per la cultura e per la scienza di tutto il mondo.

Non capita tutti i giorni di nascere nel momento più delicato per la storia del tuo paese, in cui un impero secolare esce disintegrato da quattro anni di guerra e stritolato dalla spinta di un mondo nuovo ansioso di venire alla luce. La piccola Eva ha ancora la fortuna di essere una ragazzina benestante e di poter coltivare sogni non comuni per le bambine della sua età, grazie anche agli stimoli ricevuti in famiglia, dal padre banchiere – sempre adorato –  e dalla  mamma pianista – mai capita. E’ però la madre a introdurla al mondo dal quale la piccola Eva non vorrà mai fuggire, conducendola a teatro per la prima volta.

Forse la prima alzata di sipario non si scorda mai quando sei davvero intenzionato a calcare le scene, e probabilmente quest’immagine aiuta a scacciare dalla mente l’ipotesi che il sipario possa abbassarsi per sempre.

Aiutata da una bellezza disarmante, la piccola di casa ha già sedici anni quando approda al cinema: impossibile non notarla, tanto che i critici si affrettano a ribattezzarla “la donna più bella del mondo”. Ma c’è chi non si accontenta e lei è tra queste.

Spinta dall’idea romantica di una vita avventurosa, che ben si concilia con le ambizioni di una donna moderna, Hedy parte per Berlino.  Non ha torto: la Germania è la mecca del cinema europeo, in quegli anni è il paese che produce film all’avanguardia, migliori di tante pellicole hollywoodiane.

Nel 1932 ottiene il primo ruolo importante in un film ceco e dal titolo inequivocabile. All’uscita, Estasi suscita critiche che rimbalzano da un lato all’altro dell’Oceano: lei, che si fa ancora chiamare col suo vero nome Eva Kiesler, ha accettato di girare una scena senza vestiti.

Il primo nudo integrale nella storia del cinema non passa certo inosservato, ma ha il chiarore di una meteora, il frammento cult di una carriera che rischia di terminare presto.

Eva ha fatto bene i conti con l’arte, meno con la storia. La Germania è ad un passo dall’ascesa del nazismo, la sua pellicola verrà boicottata e la sua reputazione sembra compromessa. Corteggiata da Frizt Mandl, ebreo austriaco convertitosi al cattolicesimo, accetta di sposarlo, convinta che possa aiutarla anche a resuscitare quella carriera appena nata.

Lui è un imprenditore, affascinante e di successo, tanto che è noto a tutti con l’appellativo di “Re delle armi”. Dopo un viaggio di nozze che tocca angoli di paradiso in Francia e Italia, la favola conosce una brusca interruzione.

Lui è possessivo, e pian piano confina la ventenne Eva ad una vita in una prigione dorata, travestita da palazzo sontuoso, con tanto di sfarzo e personale di servizio ai suoi piedi, e da salotti dove si alternano menti brillanti come Freud e personalità influenti come Mussolini.

Per lei, di origini ebraiche, la vita in Austria al fianco di un uomo amico dei nazisti è ormai insostenibile.

Tenta di fuggire diverse volte da lui, dimostrando di aver compreso la nuova lezione che la storia le sta offrendo su un piatto d’argento. Dopo un paio di tentativi falliti, finalmente ci riesce calandosi nel ruolo più importante impersonato sino a quel momento.

In occasione dell’ennesimo ricevimento mondano, l’attrice diventa regista della sua stessa vita, pianificando ogni dettaglio per una fuga non solo dal marito, ma da tutto il suo mondo: a tutti gli effetti, è un’uscita di scena pressoché definitiva. Tutto procede secondo copione: indossata la collana più preziosa, con le tasche piene di gioielli, Eva si traveste da cameriera e prende il primo treno per la Svizzera. È il 1936.

Da lì, dopo alcuni mesi, raggiunge Londra. Nella capitale inglese incontra il potentissimo produttore Louis B. Mayer, a caccia di talenti europei da portare in America.

Mayer non è il re delle armi. Meno prosaicamente e più romanticamente, è il Re di Hollywood. Per Eva Kiesler è il Re che conta davvero, tanto che durante la traversata dell’Oceano a bordo della Normandie, lui la convince addirittura a cambiare nome.

Kiesler suona “troppo tedesco” per il pubblico, ( velatamente anche “troppo ebraico”). Questa volta il destino la mette con le spalle al muro e la costringe a ricominciare senza il suo vero nome.

Eva Kiesler si trasforma così in Hedy Lamarr e accetta di vivere secondo abitudini sempre più “americane”. Del resto, nell’epoca d’oro degli studios anche l’intraprendente e controversa Hedy deve adeguarsi alle regole dello star system.

Come ogni reggia – o prigione dorata – che si rispetti, Hollywood ha pochissimi capi e molte regole, figlie di un protocollo rigidissimo non solo sul set, ma anche prima e dopo l’ultimo ciak. Non è raro che gli studios pianifichino e controllino la vita privata di attori e attrici messi sotto contratto.

La storia però sta per prendere il sopravvento ancora una volta: nel 1941, dopo l’attacco di Pearl Harbour, gli Stati Uniti entrano nel conflitto mentre l’Europa è in guerra già da due anni. Nel vecchio continente i nazisti continuano a distruggere intere comunità, pianificando sempre più minuziosamente lo sterminio del popolo ebraico.

Pur essendo cresciuta da un padre ebreo non osservante e da una madre convertitasi al cattolicesimo prima della sua nascita, Hedy, al sicuro in California, non può ignorare la sorte tremenda che spetta a molti suoi amici e famigliari. Insieme ad altre star, raccoglie fondi per aiutare i soldati americani al fronte, intrattiene le truppe come può, anche in club come l’Hollywood Canteen dove lei e altri colleghi famosi servono ai tavoli i soldati in licenza.

Ma non le basta, anche perché i nazisti continuano ad affondare le imbarcazioni alleate che dall’America trasportano cibo e rifornimenti vitali verso la Gran Bretagna. In Atlantico, gli U-Boot tedeschi affondano migliaia di navi, tanto che per Churchill quei sommergibili sono il nemico numero uno – l’unico di cui avere paura.

Di fronte al precipitare degli eventi l’antinazista Hedy Lamarr capisce che deve tornare ad essere Eva Kiesler, la ragazza con una passione segreta per l’ingegneria e che, poco più che ventenne, assisteva indisturbata alle conversazioni dei famosi scienziati che frequentavano la casa viennese dell’ex marito.

Grazie ai suoi studi, è determinata a lavorare su un sistema di comunicazione impermeabile a interferenze e decriptazioni, visto che i segnali radio dei nazisti riescono spesso a deviare e rendere inermi i siluri degli angloamericani. Contatta il compositore George Antheil, da tempo soprannominato il bad boy della musica per la sua personalità ribelle, il carattere ostinato e lo stile anticonformista.

Circondati da libri pieni di disegni tecnici, da lui definiti “pesanti e illeggibili”, ma liberi da ogni vincolo di formalità e dribblando ogni spettro di mondanità, i due si accomodano sul tappeto del salotto lavorando ad un progetto di comunicazione radiofonica segreta, che consenta di criptare i messaggi tra i centri di controllo e i siluri delle navi alleate, affinché questi ultimi affondino il maggior numero possibile di navi tedesche.

Il musicista Antheil suggerisce di adottare un sistema simile a quello dei rotoli di carta perforati adoperati all’interno delle vecchie pianole meccaniche.

Unendo le idee, mettono a punto il “frequency hopping”, sistema che propone la sincronizzazione dei salti di frequenza del trasmettitore e del ricevitore attraverso un rullo di carta. Forte del suo background, l’attrice sa che con l’ausilio di diverse frequenze radio  apparentemente casuali è possibile sfuggire alle intercettazioni nemiche.

Grazie a questo meccanismo sincronizzato, una sola radio può coprire sino a ottantotto canali, proprio come i tasti di un pianoforte. Lo scopo è duplice: consentire l’utilizzo contemporaneo della stessa gamma di frequenze a più utenti e abbassare la potenza del segnale, al punto che quest’ultimo, mimetizzandosi con il rumore radio di fondo, non viene intercettato garantendo la segretezza della comunicazione.

Il sistema Kiesel/ Antheil viene registrato con il brevetto numero 2 292 387, nell’agosto del 1942, ma viene snobbato. Forse perché a idearlo è stata un’attrice  che, malgrado in passato abbia ideato un nuovo semaforo e creato una compressa in grado di trasformare l’acqua liscia in acqua gasata – è troppo nota per la sua bellezza nonché per lo stile di vita glamour, controverso, emancipato.

Gli anni a venire scivolano via tra matrimoni, interventi di chirurgia plastica e controverse vicende giudiziarie. Hedy Lamarr, privata del suo vero nome e stappata dalle proprie radici per lo zampino malefico della storia, si sentirà spesso disorientata, ma mai disperata.

Ricorrendo ad un naturale istinto di sopravvivenza, il sipario si rialza ogni volta che sembra sul punto di calare per sempre. La sua vita in età matura è un saliscendi adrenalinico, coerente con la decisione della ragazzina che fu di salire sulle montagne russe: non a caso negli anni novanta la sua corsa subisce un’accelerata, l’ennesima, e come sempre inaspettata.

Dato il vertiginoso sviluppo delle comunicazioni mobili, gli scienziati sono sempre più interessati allo sviluppo di comunicazioni senza interferenze e senza fili, basato su un protocollo standard noto con l’acronimo  CDMA, che consente l’accesso multiplo a un canale di comunicazione condiviso.

La tecnologia standard alla base del Wi-Fi è, dunque, un’evoluzione del sistema ideato  da Hedy Lamarr e dal compositore Georg Antheil nei duri anni di guerra. Una legittimazione giunta in extremis, al punto che in Austria il 9 novembre – giorno della sua nascita – è stato decretato come “la giornata dell’inventore”.

Tornata incredibilmente alla ribalta, riconosciuto formalmente il suo contributo nonché il valore del brevetto – valutato oggi sui trenta miliardi di dollari – il 19 gennaio 2000 l’ultraottantenne Hedy è seduta comodamente davanti alla tv. Appare  calma come non mai, con la maschera per gli occhi appoggiata delicatamente sul volto.

Quella sera i suoi occhi si chiudono per l’ultima volta; ma prima che il sipario si abbassasse per sempre, colei che aveva saputo interpretare tanti ruoli sullo schermo e sintetizzare tante vite tutte insieme, aveva espresso un’ultima – sacrosanta – volontà: essere riportata a casa.

La sua è un’uscita di scena sobria, per niente glamour. Lontana da Hollywood, tornata ad essere quella che era, Hedy Lamarr ancora oggi riposa nella tranquillità della foresta viennese che circondava la sua casa durante l’infanzia. A pochi passi dal luogo in cui questa straordinaria avventura è cominciata.

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