Il campione è figlio unico

II taekwondo è l’arte marziale più praticata al mondo. Ha origini antichissime e il suo nome è legato ad eventi e figure leggendarie, come quelle mitologiche. Si narra infatti che i discepoli in epoche remote dovessero attenersi a cinque regole fondamentali imposte dal monaco Wonkang.

Le cinque regole erano:

sii fedele al tuo paese

sii obbediente ai tuoi genitori

sii leale con i tuoi amici

non ritirarti mai in battaglia

non uccidere ingiustamente.

Sono passati anni, anzi secoli e millenni. Mourad Laachraoui oggi pratica il Taekwondo come tanti altri ragazzi, che non necessariamente vivono in un piccolo villaggio della Corea, paese dove il taekwondo – letteralmente  l’arte di colpire al volo –  è considerato sport nazionale.

Questo ventunenne di origini marocchine vive in Occidente, nel cuore d’Europa: a Bruxelles, in quella che è la capitale simbolica di un continente che fa fatica ad unirsi, Mourad si allena duramente da otto anni e nel 2016 ottiene finalmente un prezioso riconoscimento.

A Montreux, in Svizzera, vince la medaglia d’oro ai campionati europei della sua specialità.

Mourad comincia ad allenarsi a quattordici anni, perché è suo padre a volerlo. Non segue nessun guru o mentore, non è rapito da nessuna figura leggendaria. Il papà invece è un immigrato marocchino che ama Bruce Lee e i film di Jackie Chan. Forse nel suo cuore si annida il desiderio che suo figlio diventi un campione, ma nella sua mente resiste soprattutto un unico obiettivo: allontanare Mourrad e suo fratello dalla strada.

Simile a tante altre strade, di periferie nascoste e poco raccontate, ma molto vissute – e in qualche caso temute – da chi vi abita.

Ma Najim, come tutti i figli e i fratelli che ho incontrato negli anni, è diverso dal fratello minore Mourad. A diciassette anni abbandona lo sport, trova lavoro in aeroporto, poi stacca un biglietto aereo e la destinazione non è di quelle che oggi sono segnate sulle mappe. Nemmeno una di quelle che in alta stagione raccomandano nelle agenzie di viaggio

Najim vola per Antalya e dalla città turca varca il confine che lo porta in Siria.

Ormai è diverso da come suo padre, forse, se lo sarebbe aspettato: ha la barba lunga, ha dimenticato i sogni coltivati da bambino e probabilmente non ricorda nemmeno di aver frequentato una scuola cattolica nella capitale belga.

Nel momento in cui sceglie di combattere per l’Isis, Najim, che praticava il taekwondo, dimentica anche le cinque regole del monaco Wonkang.

Dopo un’ultima telefonata, Najim fa perdere le sue tracce e da quel momento la sua famiglia non può aspettarsi più nulla.

Non vi è attesa, nessuna speranza per un destino diverso: Nel 2014 viene emesso un mandato di cattura internazionale.

Najim non può tornare sui suoi passi, suo padre capisce che non c’è nessun ritorno possibile e nessun figliol prodigo varcherà la soglia di casa

Mourad non ha ancora compiuto vent’anni e si è già dovuto rassegnare alle brutte sorprese, agli eventi che sfuggono di mano. Nonostante tutto, continua a viaggiare per il mondo, a sudare e lottare, a vincere per inseguire un sogno condiviso e al quale non può rinunciare.

Mourad – sportivo e lottatore – è troppo giovane perché il suo mondo possa essere limitato dai confini convenzionali.

Legittimamente li rifiuta, come accade a tanti giovani che fanno bei sogni o lavorano per nobili progetti.

Tutto questo però non distoglie il maggiore dei fratelli Laachraoui dal varcare un confine ahimè invisibile, non dissimile da quello che tanti altri giovani foreign fighters – pronti a immolarsi per uccidere –  sono riusciti a oltrepassare.

Najim riesce a tornare nel suo paese di adozione. Ad Auvais, cittadina belga a settanta km da Bruxelles, prepara le bombe che uccideranno tanti ragazzi al Bataclan. Prima di mettersi all’opera per l’ultima missione e l”uscita di  scena definitiva.

Il 22 marzo pone fine alla sua vita facendosi saltare in aria, nell’aeroporto Zaventem, nella sua Bruxelles. Non lontano dalle strade che suo padre temeva, e che invece hanno cambiato il figlio per sempre. Non lontano dalla scuola di Mourad, che apprende la notizia e nasconde fino all’ultimo la sua triste, inconfessabile verità.

Shaerbeek fa rima con Molenbeek, il quartiere di Bruxelles dove si sono radicalizzati veri e potenziali terroristi..

Erano solo periferie, questi quartieri sconosciuti a coloro che vivevano in altre città. Ma oggi portano nomi che mettono i brividi.

Ma talvolta, quelle periferie mettono ancora le ali. E’ nelle stesse strade che cresce Mourad, Il ragazzo che conquista l’oro a Montreux e che oggi si prepara a volare verso altri traguardi O semplicemente verso Rio de Janeiro, li nel ritiro al centro sportivo La Loma, in Messico.

Quando ha vinto la medaglia d’oro, lo scorso 19 maggio, Mourad aveva già perso suo fratello due mesi prima. Il giorno dopo ha postato un commento felice su twitter, ringraziando la sua famiglia. Durante la premiazione ha chiuso gli occhi, ha scattato foto, per un momento ha dimenticato tutto.

Poi li ha riaperti. Forse ha pensato a qualcuno, forse semplicemente al suo futuro.
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