Heidi e il lockdown

“Nessuno può chiudere Heidi in una stanza” suona un po’ come “Nessuno può mettere Baby in un angolo”, ma sintetizza la morale di una storia – arcinota – che vede lei, la piccola svizzera “selvaggia”, determinata a perorare la sua causa contro tutto il mondo civilizzato a cavallo tra due secoli ormai andati. Per più di cento anni Heidi è rimasta coerente, ma è oggi, ai tempi della Dad che “imprigiona” tanti coetanei di città, che la sua vittoria di oltre un secolo fa suona davvero come un trionfo.

Ammettiamolo: i bambini di oggi nascono in un certo senso già “braccati”. Appaiono più aperti al mondo eppure in molti casi si sono semplicemente adeguati a nuovi schermi e nuove prigioni. Malgrado le attenzioni e una rinnovata sensibilità verso il mondo dell’infanzia, il mondo continua ad essere pensato secondo regole e logiche adulte. Ci sono però bambini che escono da quegli schemi e una di loro vive proprio sulle Alpi.

Si chiama Fiammetta Melis, ha dieci anni e frequenta la quarta elementare. Fiammetta è figlia di Massimiliano, un pastore che per lavoro in questo periodo dell’anno va sopra la Rocca di Samoclevo – provincia di Trento – con la sua mandria di capre. D’estate la famiglia Melis trascorre le giornate in malga, dove la bambina si prende cura degli animali e respira aria pura.

Ogni bambino si imbatte in una signorina Rottenmeier prima o poi. Nel ventunesimo secolo qualche coetaneo di Fiammetta – o di mio nipote – potrebbe identificarla in una presenza costante, che si insinua in una piccola creatura portatile,  a sua volta più leggera di una in carne ed ossa e quindi capace di entrare in tutte le case.

 La chiamano e la chiamiamo Dad,  visto che si può essere un’entità senza nome e cognome. Ognuno ci fa i conti da solo e per proprio conto. Anche Fiammetta non può affrontare la Dad come tutti gli altri. Sua madre lavora, quindi per non restare sola ogni giorno si inerpica per strade poco battute insieme al padre. Le sue fatiche vengono presto ricompensate: a dispetto di tanti che rimangono laggiù, Fiammetta vince la sua sfida contro ogni connessione precaria e giorno dopo giorno, tra una lezione di storia e matematica, continua ad imparare stando molto in alto e respirando.

In questi mesi e mesi di andirivieni da lockdown veri o presunti, isolamenti forzati o sulla fiducia, Fiammetta ci conquista e Heidi si vendica.

Povera Heidi, sempre bistrattata da tutti i bambini diventati adulti. Eppure non se lo meritava nemmeno prima, se non altro per la sua storia. A cinque anni è già orfana di Tobias e Adelheid; poi, dopo aver assaggiato per ben tre anni la libertà sui monti con il vecchio nonno dell’Alpe e assaporato diverse avventure con l’inseparabile amico Peter, viene costretta dalla zia Dete ad abbandonare lo splendido paesaggio alpino. E’ in quel momento della storia che con lei perdono tutti i bambini del mondo, sotto i colpi di un diktat da Tempi moderni: la civiltà deve aver la meglio sulla natura, la città sulla campagna, mentre la cultura accademica ed etnocentrica soffoca una visione aperta e cosmopolita del mondo.

Per il resto, tra anime giapponesi e film con Shirley Temple, la storia della piccola Heidi è nota: a Francoforte, nella casa dei Sesemann, si reinventa piccola dama di compagnia per la piccola Clara. La bambina e la famiglia l’accolgono bene, ma ecco arrivare la Fräulein Rottenmeier in carne ed ossa a tarpare ali e censurare racconti ispirati a paesaggi da sogno.

Rottenmeier non si accontenta della censura, ma tenta in tutti i modi di estirpare dalla piccola Heidi il ricordo di casa, dei suoi affetti, dei genitori di cui nessuno le parla. Nella sua condizione claustrofobica, Heidi somatizza la nostalgia di casa diventando insonne, preda di allucinazione acustiche. In tempi in cui l’isteria era ritenuta male esclusivamente femminile, la scienza vince però sulla pseudoscienza. Le viene diagnosticato un semplice e al tempo stesso irrisolvibile caso di Heimweh, curabile solo con il ritorno nel luogo di origine.

Heimweh è una parola tedesca che viene tradotta come “nostalgia di casa”: in realtà, weh significa dolore, qualcosa di ben più profondo rispetto alla malinconia, qualcosa che rende più viva l’immagini delle radici che vengono strappate.

Heidi percorre il cammino inverso rispetto agli uomini del suo tempo, attratti dalle luci e dai rumori di città. Lei ci ricorda che molto spesso ognuno  si salva da solo e ciascuno lo fa a modo suo. Lei ci riesce scappando dalla civiltà, riabbracciando il nonno e i suoi monti – suoi perché in fondo le appartengono. Presto su quei monti si salva anche Clara, l’amica ricca di città, che si rimette letteralmente in piedi tra le vette mentre la carrozzina esce di scena sprofondando in un burrone.

L’autrice di Heidi, Johanna Spyri, era una che di costrizioni se ne intendeva, visto che nel suo primo romanzo la protagonista è una donna vittima di violenza. Nel romanzo che l’ha resa celebre – scritto di getto in quattro settimane – “incastra” la bambina negli angusti corridoi di una elegante casa di città, status symbol per eccellenza nel confuso e incontentabile mondo occidentale. Mai come adesso quelle stanze ampie, quegli ambienti così raffinati ed emancipati ci sono sembrati così limitati, così “eternamente” distanti dalle sconfinate vallate alpine coperte da boschi che nascondono laghi suggestivi e circondano case pittoresche ( e dove tutti, diffidenti della montagna inclusi, vorremmo fuggire).

Nessuno ha mai capito o apprezzato Heidi fino in fondo, e doveva arrivare qualcosa di epocale come il lockdown per comprenderla. Tuttavia, sarebbe ingiusto se lo facessimo pensando esclusivamente a noi. Ad essere chiusi in casa ci sono soprattutto loro, i vostri figli e i nostri nipoti, costretti ad allontanarsi dai loro amici e dai loro hobby. Ad estraniarsi da un mondo all’aria aperta che di certo insegna a vivere e crescere.

Ce lo dovremmo ricordare noi adulti, carnefici di Heidi quando la signorina Rottenmeier è diventata la nostra protagonista perché più simile a noi. Perché più credibile di una ragazzina, “colpevole” di ammalarsi proprio quando potrebbe vivere comodamente in una bella casa, circondata da lussi, servita e riverita tra mille comfort.

Fiammetta è un po’ Heidi perché vive sui monti, ed è un po’ Heidi perché diventa l’ennesimo simbolo di un’infanzia che non si arrende. Curiosamente, la sua vittoria arriva quando si allontana da pareti che si restringono giorno dopo giorno, da stanze claustrofobiche dove risplendono lucette artificiali che indicano problemi alla linea di cui faresti volentieri a meno. Sia chiaro: entrambe danno una lezione a quella platea che vuole prestare loro attenzione.

Però il dubbio che si tratti di una lezione a distanza e che funziona davvero è del tutto legittimo. Poco importa se la webcam e la connessione siano attive o meno. E’ questione di fiducia e al tempo stesso di un semplice dettaglio.

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