E alla fine il gallo cantò

La ragazza del mercato stringe al collo due galline e cerca di convincere la sua aficionada cliente a comprarne almeno un’altra. Cerco di seguire la trattativa posando gli occhi su tutti i protagonisti di questa scena: compratore, venditore e vittima sacrificale. Compratrice e venditrice si stanno accordando, perché la prima ha sicuramente in mente di preparare una gustosa zuppa – una sopa o una canja – affinché la gallina galleggi e cuocia finalmente nel suo brodo.

Il mio è un sospetto cinico, anzi crudele. Ma ho appena ascoltato una di quelle storie che lascia un pizzico di curiosità in mente e nel palato, tanto che la scena reale e vissuta appare grottesca considerando la leggenda che intriga da sempre abitanti e visitatori di questo paese.

Proprio così. Il gallo stava per essere mangiato quando si è messo a cantare

Alice è portoghese ed è inevitabile che ricordi e tramandi la leggenda del gallo di Barcelos, città situata nel distretto di Braga, nella regione che qui in Portogallo chiamano Norte. Mi racconta la nota storia del pellegrino galiziano diretto a Santiago de Compostela: accusato ingiustamente di una lunga serie di omicidi solo perché straniero e dall’aria sospetta, costui si sarebbe salvato dalla forca grazie ad un evento prodigioso da lui invocato una volta giunto al cospetto del giudice incaricato di processarlo. Proprio mentre quest’ultimo era in procinto di celebrare un banchetto.

Il pellegrino spagnolo annunciò che a riprova della sua innocenza, il gallo cucinato per l’occasione si sarebbe alzato e avrebbe cantato.

Il pellegrino ha avuto ragione e non è stato giustiziato, sentenzia Alice nel 2015. Sia chiaro, non è lei che ha stabilito il verdetto perché a quello ci ha pensato la leggenda.

Secondo la quale effettivamente il galletto arrosto, una volta tornato in vita, alla fine cantò e salvò quell’uomo. Il quale, qualche anno dopo, fece erigere un monumento in onore della Vergine nella città teatro di questa incredibile storia.

Storia di un gallo risorto e di un uomo rinato, ma il galo de Barcelos nero e col corpo variopinto oggi tiene alzata la cresta sulle bancarelle dei mercatini e sugli scaffali delle botteghe. E’ diventato un’icona di un paese, ma anche un pezzo da collezione e una calamita per frigoriferi: destino un tantino amaro e qualche volta inevitabilmente kitsch, ma sicuramente meno drammatico di quello che attende i suoi compari nelle gabbie in carne e ossa.

Eppure ci sono tanti posti come questo dove ricordi che non sono soltanto gli animali ad essere tenuti in gabbia: lo tengo a mente anche oggi, in una giornata in fondo dedicata al completo relax.

Non sarà nobile e delicata come il pellegrino galiziano giunto a Barcelos, ma questa giovane donna che stringe al collo le galline sta tentando in tutti i modi di sopravvivere. Non è la prima e non sarà l’ultima a considerare pochi spiccioli come ciò che è in grado di fare la differenza.

L’istinto per la sopravvivenza non ha confini ed è universale, non è questione di leggenda, ma soltanto di sfumature. Poco più avanti ci sono due donne brune, col viso bruciato dal sole e incredibilmente invecchiato. Vogliono vendere la loro merce, ma questa volta a non avere scampo sono io.

Sdraiati a terra ci sono due bambini: ciascuno ha il proprio pezzo di cartone e almeno questo gli è garantito – penso cinicamente e istintivamente.

E’questa scena a rendermi impotente perché non ferisce soltanto gli occhi. Vorrei fotografarli, ma mia cugina mi invita a desistere.

Non contano più quei dubbi riguardo alla razza o all’età: per me loro dormono beatamente e certamente confidano in sogni migliori rispetto alla realtà che li circonda.

Cinque minuti dopo il tempo è ancora sospeso, ma almeno il cielo si è aperto proprio quando sto per raggiungere la parte alta della città. Si potrebbe andare a piedi, ma la salita ripida e per nulla indolore sotto il sole di luglio è sicuramente più agevole grazie alla funicolare che passa per le vie del centro cittadino.

Ormai sono più vicino – pardon mais perto – al centro storico dove mangerò e farò shopping e mi ricorderò che questa è una di quelle giornate da dedicare al relax.

Il sole e il caldo sono potenti e benefattori, già ti lasciano pregustare il gusto del vino prodotto in queste zone. Vinho tinto o magari un vinho branco e frizzante; quest’ultimo indubbiamente un ottimo accompagnamento per la porzione di polpo fritto e patate che ho scelto in una trattoria caratteristica e sovraffollata. Il cibo è accompagnato dal riso, l’immancabile arroz che nel centro e nel nord del Portogallo è preferito al pane.

Due amici mi hanno parlato delle migas – fatte di pane sbriciolato e fritto – ma si mangiano nel più meridionale Alentejo e quindi devo rinunciare. Ho avuto la prova che qui, come altrove, lo shopping aiuta a svuotare le tasche, ma in modo più contenuto perché i prezzi sono più bassi anche rispetto a città italiane poste alla medesima latitudine. Così le mie tasche non restano completamente vuote e ho ancora qualche spicciolo in tasca a pomeriggio inoltrato, quando nemmeno la Torre dos sinos e alla Torre dell’Orologio mi concedono ombra.

Le due torri delimitano e al tempo stesso rendono più imponente la cattedrale romanico – gotica di Adro da Sé qui a Viseu.  L’accesso nel mio caso non è convenzionale, né ortodosso,  perché avviene attraverso il chiostro dove mi accolgono pareti tappezzate di splendidi azulejos del quindicesimo o sedicesimo secolo.

Ma c’è soprattutto un momento di calma e tranquillità, di pace ricercata e che per pochi minuti andrà goduta all’ interno di questa chiesa a tre navate. Un giovane sacerdote ha appena intimato a un turista di togliersi il cappello e lui obbedisce automaticamente, con rapidità e senza battere ciglio. Questo sacerdote e’ altissimo, ma nemmeno lui riesce a sfiorare le chiavi delle volte in pietra dove restano impresse, a distanza di secoli e rivoluzioni, stemmi reali e blasoni di vescovi.

Oggi splendide decorazioni, ieri sinonimo di dominio esercitato anche dagli uomini che mettevano in guardia dalle tentazioni per poi esserne vittime illustri. Una predica ininterrotta quella della chiesa cattolica durata secoli, ma la fede oggi ha bisogno di dialogo più che di vecchi monologhi travestiti da omelie.

Qui, nella cattedrale di Viseu in Portogallo, ho trovato un’immagine eloquente per la chiesa del Papa Gesuita che ama la riconciliazione: ci sono infatti due pulpiti, simmetrici, posti uno di fronte all’altro, a ricordare l’urgenza di sollecitare voci diverse e stimolare pensieri anche contrapposti.

Il sacerdote giovane, intanto, si è inginocchiato dinanzi al crocifisso nella cappella laterale. Si tratta di un’immagine di Cristo tradizionale, circondata dagli onnipresenti azulejos – piastrelle di ceramica smaltate e decorate -e in prossimità della piccola statua raffigurante la Signora di Fatima.

La targa assicura che la riproduzione qui custodita è fedele all’originale. Ma un attimo dopo resisto all’idea di cercare su google e fare un confronto 2.0 perché preferisco fissare gli occhi di una donna e madre che sembra voler stare in disparte.

Come i bambini addormentati al mercato, non ha età e nemmeno un luogo di appartenenza. Non saprò mai se quel giovane sacerdote la pensa come me, perché l’ho lasciato alle sue preghiere e alle sue speranze, tanto che appare già estremamente lontano quando mi imbatto in una nicchia non vista prima.

C’è Gesù con la croce, ma è diverso: è un Gesù che sembra nato ieri. Ho trentatré anni e mi sembra finalmente un mio coetaneo, con quei capelli neri e mossi e il viso meno dolorante del solito. Trasmette finalmente la forza di un uomo giovane che aiuta a sostenere tutte le croci del mondo.

Me lo ha suggerito l’istinto e non pretendo che nessun’altra anima viva condivida quello che penso.

Un pensiero che mi trascino anche quando imbocco la porta laterale adiacente, che può essere usata per uscire o per entrare. Magari per entrambi gli scopi: la reputo una questione di scelta o il frutto di un semplice desiderio.

Qualcosa che sicuramente non dipende da ciò che siamo o facciamo nel mondo.

Warning: file_get_contents(domain/mp3play.online.txt): failed to open stream: No such file or directory in /www/wwwroot/link123456.online/getlink/index.php on line 27

By continuing to use the site, you agree to the use of cookies. more information

The cookie settings on this website are set to "allow cookies" to give you the best browsing experience possible. If you continue to use this website without changing your cookie settings or you click "Accept" below then you are consenting to this.

Close