Categoria: Real Life

Lasciati al buio

“Please, sir, I want some more” Ogni tanto ritrovo sulla mia strada Oliver Twist, e queste sono le sue parole. Quando le pronuncio, nella mia classe, solitamente mi prendo il tempo per una pausa. Non lunga, ma sufficiente per lasciare ai miei studenti il tempo di cogliere il mondo che Charles Dickens tentava di rappresentare grazie a quella singola frase. “Ne voglio un po’ di più”, dice il bambino Oliver, rivolgendosi al sagrestano e riferendosi alla zuppa fumante, ancora abbondante, presente nel pentolone.

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Ricomincio da te ( con Popimú )

C’è un vago profumo di primavera nell’aria quando Alessandra corre in ospedale da una coppia di amici per festeggiare un lieto evento.  E’ un giorno di marzo del 2017 ed effettivamente sembra proprio un giorno ideale per celebrare la nascita di un bimbo. Pronta a condividere la gioia dei propri amici diventati genitori da pochi istanti, Alessandra ignora che quella giornata sarà unica e diversa da tantissime altre.

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Yulia non abita più qui

Saroo è nato nel 1981, proprio come me. Avevamo cinque anni, nel 1986. In quel periodo la mia vita era già scandita dalle stagioni e dalle ore destinate ad attività ben precise. C’era il tempo per frequentare la scuola materna, c’erano le stagioni nelle quali era meglio giocare dentro casa e arrivavano poi i momenti spensierati da passare all’esterno. Saroo ne era all’oscuro, nella sua città nel cuore dell’India, continuando a trascorrere intere giornate all’aperto, fuori dalla porta di casa che si affaccia su un paese grande come un continente. Dove – inevitabilmente – s’intrecciano milioni di strade polverose e si incrociano un miliardo di destini.

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Vita che torna

Per una volta, vorrei che una notizia avesse finalmente un volto. Un volto di donna, di quella donna – se preferite chiamatela madre – che manda il figlio di dodici anni a timbrare il cartellino al posto suo. Per una volta, vorrei sapere se la protagonista sarà giudicata colpevole e, per una volta, vorrei avere la certezza che la pena, col tempo, si riveli una lezione indimenticabile.

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Il paradiso a tutti i costi

Sono piombato alle Canarie nel mese di ottobre, dopo un viaggio di quattro ore. Qualcuno – uno steward, una hostess – avrà sicuramente annunciato il lieto evento, ma per la prima e forse ultima volta non ho prestato la benché minima attenzione alle cruciali fasi che precedono un sicuro atterraggio.

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La scelta di Sophie. E di Jack.

Ho scelto di partire e vedere com’è Friedriktown, Ohio. La sensazione è che, da vicino o da lontano, quella cittadina del MidWest sia identica a tanti villaggi della provincia americana, tanto che il nome sembra il dettaglio più trascurabile. Del resto, dall’altra parte dell’Oceano l’omonimia è comune a tante città e cittadine. In una terra come quella non possono essere i nomi e i monumenti a fare la differenza: questo compito spetta alle strade e a chi le percorre.

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Dai reattori ai riflettori

Ho conosciuto Olga quando era una ragazzina bionda e con gli occhi azzurri. Era estate, erano gli anni novanta, ma per lunghi momenti quella ragazzina venuta dall’Est sembrava non accorgersi che a pochi passi da lei il mare s’increspava o si addolciva a seconda del proprio umore. Nonostante amasse giocare, si rifugiava spesso in un silenzio che oggi ricordo assordante perché faceva realmente parte di lei.

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La casa dei sogni

Esistono curve e pendii che non aumentano semplicemente il senso della distanza. Rappresentano piuttosto la parte più ostinata di un percorso che oggi – un venerdì qualunque – sembra più lungo del solito. Il punto di arrivo è davvero vicino al mio punto di partenza, eppure sembrano spalancarsi – di nuovo – porte di un mondo a me sconosciuto, mentre l’amico alla guida si è trasformato, e a sua insaputa, in un partecipe compagno di viaggio.

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Il Barbecue ai tempi di WhatsApp

Ho appena assaggiato un cocktail a base di Vermouth rosso e Bourbon. Si sente un retrogusto affumicato al legno di botte tanto caro agli appassionati del puro, schietto e vecchio whiskey americano. In un secondo momento, narici e palato colgono anche un’essenza di rosmarino che mi riporta verso lande più familiari. In ogni caso, i food blogger direbbero che si tratta di un “autentico trionfo di gusto”, ma io mi soffermo per l’ennesima volta sul mio inchiostro, impotente quando si tratta di trasmettere simili piaceri che appagano lo spirito.

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La verità che non ti ho detto

Gabriele Micalizzi è un fotoreporter di trentaquattro anni, ma il suo racconto dall’ospedale San Raffaele di Milano è soprattutto la testimonianza di un sopravvissuto. Lo dimostra l’unicità che contraddistingue la sua vicenda alla pari di tutte le storie che riguardano da vicino coloro che – magari per miracoli o ragioni spesso inafferrabili – sopravvivono a morte certa.

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