Il domatore di tigri

I cuccioli di tigre vogliono entrare a giocare, tranquillo.

Sono ancora sotto choc perché è mattino presto, perché il freddo è penetrante, perché devo farmi strada tra pesanti drappi di velluto rosso che catturano la luce che mi sto lasciando alle spalle. Una volta che faccio il mio ingresso, uno spiraglio è tutto quello che mi resta.

Giancarlo procede spedito verso la pedana che è esattamente dinanzi ai miei occhi. Mi ha parlato di cuccioli che non ispirano pensieri teneri. Per intenderci, non rimarresti con loro per cantare la ninna nanna. Il lamento è penetrante, sembra provenire da una caverna dannatamente vicina; per questo cammino a piccoli passi come se fossi nella giungla, come se mi trovassi nel cuore di tenebra di cui parlava Conrad nel suo romanzo.

Immagino fauci spalancate e pronte a inghiottire inesorabilmente la preda, impazienti come l’oceano che spalanca il suo abbraccio mortale quando la nave affonda.

Nel momento in cui sopraggiunge il silenzio mi accorgo che questi animali – tutti nati in cattività – mi intimoriscono più di quanto non osassi immaginare. Sembra di essere entrati in un’altra dimensione, che di terrestre non sembra avere nulla, se non questo misto di terra e sabbia sotto i piedi.

Nell’ultimo angolo di mondo che deve essere ancora esplorato c’è però lui, il domatore di tigri del Circo Orfei e in un attimo l’effetto straniante mi abbandona. Il domatore non sarebbe li, da tanti anni ormai, se non lo avesse voluto. Ettore riesce a tranquillizzarmi e riportarmi nel mondo che ho sempre conosciuto. Non è animato da un pizzico di sana follia o da una dose indefinita di coraggio perché è la sua volontà a tenerlo lì, circondato da felini che ruggiscono a ritmo sincopato: tra me e questi animali esiste una barriera alta, invalicabile, che quando vibra produce un tintinnio, un rumore metallico senza eco.

Il domatore accenna un paio di sorrisi quando le sue tigri obbediscono ai comandi, e quindi abbandono ogni indugio e seguendo l’esempio di Giancarlo mi avvicino per scattare foto.

Reportage fotografico completo su http://www.giancarlobomba.it/photography/portfolio/racconti/il-domatore-di-tigri/

“Non ti avvicinare troppo, hanno già il loro pezzo di carne in bocca”.

Loredana sta chiamando per nome tutte le tigri. Con il corpo è al mio fianco, al sicuro oltre la barriera, ma come ogni mattina con lo spirito è accanto al marito laddove non esistono protezioni. Lo assiste senza invadere i suoi spazi, ma non si dimentica di noi. Dopotutto siamo a casa sua, sotto il tendone di un circo che tra dieci giorni sarà altrove.

Lei è italiana e viene dal Veneto, ma in realtà la sua patria è questo regno mobile che volteggia con i suoi cortigiani. Gli ultimi, autentici giramondo ancora in circolazione.

Ci sono bestie feroci, tigri rapaci, eppure Ettore è il più forte. I suoi occhi arrivano ovunque, le sue mani a distanza bloccano le velleità di felini che al suo cospetto rimangono quieti perché lo rispettano. Anche loro capiscono che il domatore non indietreggia di un passo. Come un padre al cospetto di figli che non intende viziare, lui asseconda e non si sottomette. Getta loro un pezzo di carne cruda e poi richiede impegno e concentrazione, anche quando Shiba mostra i primi cenni di impazienza.

“Shiba non è tenera per niente”. Shiba è una femmina e ha otto anni, ma dato che ha gli artigli è sufficiente per impensierirmi.

Shiba è nata qui in Abruzzo – a Celano per l’esattezza – ed è’mamma di tre cuccioli

Am platz. Sitz. Ettore le parla in tedesco e Shiba si appoggia al suo sgabello. Mastica un pezzo di pollo crudo come se fosse chewing gum e capisce che non è il suo momento: si trasforma in spettatrice dei maschi che devono fare gli esercizi. Sultan e Lothar iniziano a seguire i comandi del domatore. L’idea che tra noi esista una barriera solida e invalicabile mi fortifica, quindi sciolgo le catene che mi hanno tenuto fermo in un angolo e compio un giro intorno alla pedana. Con il mio smartphone tento di catturare i loro occhi conscio che se fossi nella gabbia con loro il mondo si capovolgerebbe in un attimo. L’essere umano dotato di voce e pensiero, di logica che controlla l’istinto, verrebbe miserabilmente sconfitto.

Shiba non ha avuto successo, la sua resta una ribellione isolata ed Ettore non ha mai bisogno di schioccare la frusta. Quando Lothar e Sultan eseguono ordini e comandi, le femmine Shiba e Sumatra – chiamata affettuosamente Sumi – guardano i maschi e si distendono.

Ho conosciuto bambini meno disciplinati. Genitori e maestri incapaci di calmarli. Il domatore di tigri non ha bisogno di sbilanciarsi, non urla mai, non sbatte i piedi per terra e non ha bisogno di insistere quando è il momento di uscire.

Le tigri si dispongono e si incamminano in fila in un percorso protetto fatto su misura e che le guida ai loro scompartimenti. Li vengono pulite, lavate e nutrite. Poi si dedicano al tempo libero, in un recinto protetto dove ovviamente non è consigliabile avvicinarsi. Basterebbe ascoltare i ruggiti che tornano prepotenti, come la luce del sole che si sta alzando sempre di più e finalmente riscalda.

Loredana spiega tutto mentre smista la carne.

“Due quintali a settimana – mi dice Loredana, all’esterno – e una volta a settimana diamo loro latte e uova. Tutto è di prima scelta. La lista della spesa non finisce mai”. Non seguono solo le istruzioni dei veterinari, ma anche ciò che l’esperienza suggerisce.

Discendono da generazioni di circensi e lavorare qui non è stata l’ultima scelta, bensì la prima.

“Non facciamo vita sociale, la pizza la sera è un miraggio. La giornata inizia all’alba e in un baleno arriva il pomeriggio, con gli ultimi preparativi e gli spettacoli che si protraggono fino a tarda sera”.

Loredana cede la parola al marito.

“Se sono stanco devo lavorare e non ho giorni liberi, ma è la vita che ho sempre fatto e non farei altro”.

Ettore è pugliese, ma con le sue tigri non abbandona mai il tedesco.

“E’ la lingua più efficace, perfetta per farsi capire o magari per non diventare un hamburger”. Mi spiega che con i cavalli è preferibile il francese poco prima che Lothar e Sultan si azzannino per un paio di secondi. Intanto, Shiba accudisce i suoi cuccioli – avuti da Lothar – e continua a fissarci. Loredana, madre di due figli che lavorano nel circo, la fissa da lontano. “Un mese fa è morta la madre degli ultimi due cuccioli. Shiba li ha adottati subito e ora li accudisce come se fossero i suoi.”

Shiba fa un ultimo ruggito che finalmente suona come un’approvazione. Alla luce del sole è meno inquieta, è tornata al fianco dei suoi cuccioli e dà ragione ad un’altra madre. Forse ha avuto quello che voleva.

Reportage fotografico completo su http://www.giancarlobomba.it/photography/portfolio/racconti/il-domatore-di-tigri/
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